Le regioni d’Italia ai tempi di Augusto
18-12 a.c.: riforma di Ottaviano Augusto e Menenio Agrippa – suddivisione del territorio metropolitano dell’Impero – eredità dell’Ager Romanus – in 11 Regiones – territori composti esclusivamente da cives romani, aree distinte dalle Province romane (province senatorie e imperiali) costituenti i restanti territori dell’Impero romano.
Roma si espande oltre il Po nella Gallia Cisalpina fondando Aquileia nel 181 a.c. (che diventa capoluogo, successivamente, in epoca augustea, della Decima Regio). Nel 178-177 a.c. Roma conquista l’Istria con la seconda guerra istrica, descritta da Tito Livio nel libro 41 della sua “Ad urbe condita”.
La seconda campagna militare contro gli Istri si concluse nel 178 a.C. con l’assedio e la conquista di Nesazio, dove si era rifugiato il re istro Epulo (Aepulo o Epulone) da parte del console Claudio Pulcro. Dopo la conquista di Nesazio, narrata nella sua drammaticità (la deviazione del fiume che alimentava la città, il sacrificio e il suicidio dei difensori) da Tito Livio, ma anche nei frammenti rimasti del “De Bello Histrico” di Quinto Ennio e nel XVI libro degli Annali di Ostio, e a seguito della caduta di Mutila e Faveria si avvia la graduale romanizzazione del territorio istriano.
Si fondano le città di Tergeste, Aegida (Capodistria), Parentium, Pola (Colonia Pietas Iulia Pola), Iadera (Zara), Salona, Narona, Epidaurum (Ragusavecchia).
Decima Regio Venetia et Histria
Il confine della Decima Regio Venetia et Histria in epoca augustea era stato fissato sul fiume Arsa, che suddivideva la Decima Regio dalla Provincia Senatoria (sino al 16 a.c.) e quindi nella Provincia Imperiale romana dell’Illiricum (suddivisa nell’8 – 9 d.c., dopo la rivolta dalmato-pannonica, in Illyricum Superior e Illyricum Inferior e quindi, fra il 18 e il 20 d.c. in Dalmatia e Pannonia).
Nel 42 a.c., ai tempi del triumvirato di Ottaviano, Antonio e Lepido (dopo la battaglia di Filippi, nella Macedonia orientale, conclusasi con la vittoria di Ottaviano, Antonio e Lepido su Marco Giunio Bruto e Caio Cassio Longino) il confine era stato fissato sul fiume Formio – Risano. Allora il Risano divideva la Gallia Cisalpina – Citerior della Repubblica romana (che dopo la battaglia di Azio fra Ottaviano e Antonio e Cleopatra si sarebbe trasformata in Principato, dando inizio all’Impero Romano) dalla Provincia romana dell’Illyricum.
I regni romano-barbarici: l’età di Teodorico
L’area nord adriatica viene suddivisa fra il Regno di Odoacre (Eruli-Goti) 476-489 d.c., e l’Impero Romano d’Oriente, poi fra il Regno Ostrogoto di Teodorico 489-493-527 e l’Impero Romano d’Oriente che nel 535-555 con Giustiniano promuove una guerra di riconquista dell’Italia, della Dalmazia e dell’Istria – Italia bizantina del costituendo Esarcato di Ravenna- Exarchatus Italiae, Prefettura del Pretorio.
L’Adriatico nel ‘600 d.C.
Con l’invasione Longobarda si costituisce nel Nord Italia il Regno Longobardo di Alboino 568-774 d.c.; la fascia costiera di Venezia e l’Istria restano sotto dominio bizantino.
Bisanzio controlla l’Esarcato di Ravenna, la laguna veneta, Grado, l’Istria e la Dalmazia – periodo bizantino in Istria dal 538 al 778 d.c.. Il re longobardo Astolfo conquista nel 751 i territori bizantini in Italia e l’Esarcato di Ravennna. Bisanzio perde l’Istria. La Pentapoli bizantina passa al Papato, Papa Stefano chiama in Italia il Re Franco Pipino il Breve.
Il Regno dei Franchi
Nel 774 Re Desiderio del Regno Longobardo viene sconfitto da Carlo Magno che il giorno di Natale dell’800 viene incoronato da Papa Leone III Imperatore del Sacro Romano Impero, consolidando la dinastia carolingia. Con la Pace o Trattato di Aquisigrana – Pax Nicephori – 805-812-815 d.c. l’Impero bizantino riacquista la Venezia marittima e accetta le pretese Franche sull’Istria e la Dalmazia fatta eccezione per le città costiere. Michele I di Bisanzio riconosce Carlo Magno come imperatore, ma non “romano”.
Successivamente Costantinopoli si rifiuterà di riconoscere la validità del trattato. Nel 804 si tiene il Placito del Risano, vicino a Capodistria, in cui gli esponenti delle città e dei borghi istriani recriminano contro le pretese del Duca franco Giovanni, discendente del re longobardo Astolfo, che aveva messo in discussione i diritti acquisiti del periodo romano-bizantino. Al placito interviene come mediatore il Patriarca di Grado e vescovo di Pola, Fortunato.
In esso risulta visibile la transizione dall’ordinamento bizantino, caratteristico dell’Esarcato di Ravenna, cui l’Istria appartenne per due secoli fino al 788 – pur essendo stata assoggettata ai Longobardi dal 750 circa al 774 – che garantiva ai centri urbani la giurisdizione sull’entroterra, al regime feudale introdotto dai Franchi, pure in assenza di un’occupazione diretta. Il Placito è anche la più antica testimonianza scritta riguardante la presenza di popolazioni slave in Istria.
Il Patriarcato di Aquileia – anno 1000
La metropoli del vescovo di Aquileia venne a comprendere, già nel V secolo, sulla falsariga dell’organizzazione imperiale romana, i territori della Venetia et Histria. Come realtà ecclesiale, il patriarcato di Aquileia è stato una delle più grandi diocesi e metropolie di tutto il medioevo europeo. Fino all’811 la sua provincia ecclesiastica arrivava fino al fiume Danubio a nord, al lago Balaton a est, mentre a ovest arrivava fino a Como e all’attuale Cantone Ticino. A sud comprendeva l’Istria. Nell’811 l’imperatore Carlo Magno portò i confini a nord, dal fiume Danubio al fiume Drava.
Mentre i Longobardi invasero il Friuli nel 568 Bisanzio conservò il dominio sulle coste. Il Patriarca Paolino, in contrasto con il Papato per lo scisma dei Tre capitoli, in fuga dai longobardi, si trasferì a Grado. Nel 606-607 il Patriarcato si divise in due, con un patriarca ad Aquileia e uno a Grado. A Grado venne eletto patriarca Candiano con l’appoggio del Papa e dell’Esarca bizantino di Ravenna, mentre Aquileia fu sottoposta a Giovanni, scismatico, sostenuto dal Duca longobardo del Friuli. L’entroterra friulano, inclusa Aquileia, sotto la dominazione longobarda rimase legato allo scisma tricapitolino, mentre il litorale adriatico della “Venetia maritima” fu sottoposto all’influenza bizantina.
Le due sedi rimasero divise anche dopo la risoluzione dello scisma con il sinodo di Pavia del 699. Nel 731 venne stabilita la separazione canonica tra il patriarcato di Aquileia (con suffraganee le diocesi del Friuli e dell’entroterra fino a Como) e il patriarcato di Grado (con suffraganee le diocesi del Ducato di Venezia). Grado aveva giurisdizione sui vescovi dell’Istria. Nel 1105 i patriarchi gradesi spostarono la loro residenza a Venezia.
Inquadrato nel Ducato del Friuli durante il Regno longobardo, a seguito della conquista franca il territorio friulano venne organizzato come Marca del Friuli. Nel 952 venne istituita la Marca di Verona ed Aquileia sottoposta inizialmente al Ducato di Baviera, assieme all’Istria centrale, Carinzia e Carniola, e poi, nel 976, inquadrata nel nuovo Ducato di Carinzia.
Con la Pace di Rialto nel 993 alla Repubblica di Venezia venne garantito il diritto di navigare e commerciare lungo il litorale istriano. Nel 1000 il Doge Pietro Orseolo II condusse un’ampia spedizione in Dalmazia. Nel 1204 con la quarta Crociata Enrico Dandolo attaccò, saccheggiò e conquistò Zara e Costantinopoli, ottenendo un “quarto e mezzo dell’Impero bizantino – Dominis quartae partis e dimidiae Imperii Romaniae.”
Dal 1209 la titolarità sull’Istria divenne appannaggio dei patriarchi di Aquileia, ma il loro dominio quali marchesi (o margravi) d’Istria restò in gran parte nominale; il controllo effettivo era, nel centro della penisola, dei conti di Gorizia, mentre lungo la costa di Venezia. Il Principato patriarcale di Aquileia, detto anche, con riferimento al potere temporale del Patriarca, Patriarcato di Aquileia, e chiamato a partire dal XIII secolo Patria del Friuli, operò come pricipato ecclesiastico del Sacro Romano Impero dal 1077 al 1420. Il 13 luglio 1419 i veneziani occuparono Cividale e nel 1420 Udine, annettendo il Friuli con il “patto di dedizione” a Venezia. La pace fra la Serenissima e l’Impero sancì lo stato di fatto, riconoscendo ad entrambi i contendenti il possesso dei territori occupati in quel momento.
L’Istria nel 1382
Situazione dopo la Pace di Torino che pone fine alla guerra fra Venezia e Genova. Nel 1342 con l'”Atto di confinazione istriana” si regolano i rapporti di confine fra Venezia e l’Arciducato d’Austria. Nel 1374 scoppia con gli austriaci la guerra di Trieste, e quindi, fra i 1378 e il 1381, la Guerra di Chioggia con Genova. Nel 1379 a Pola i genovesi dell’ammiraglio Luciano Doria (che morirà nella battaglia) distruggono la flotta veneziana di Vettor Pisani. La flotta genovese penetra nella Laguna, occupa Chioggia, facendo prigioniero il podestà Pietro Emo, e assedia Venezia.
Con il contrattacco del Doge Andrea Contarini, dell’ammiraglio Vettor Pisani e l’intervento della flotta di Carlo Zeno i genovesi vengono sconfitti. I resti delle galee genovesi vengono rimorchiati per spregio a Venezia a chiglia rovesciata, con gli stendardi in acqua. La guerra si conclude con la Pace di Torino nel 1381. Con la Pace di Lodi nel 1454, che pose fine alla guerra con il Ducato di Milano, la Repubblica di S. Marco fissa il suo confine occidentale sull’Adda e conferma la sua massima espansione in terraferma.
La Dalmazia Veneta nel 1573
Dopo la guerra contro l’Impero asburgico nel 1508, la Repubblica di Venezia viene sconfitta dalla Lega di Cambrai – battaglia di Agnadello del 1510 -. Ad allearsi nella Lega di Cambrai contro la Serenissima furono tutte le maggiori potenze europee: il Sacro Romano Impero Germanico, la Francia e la Spagna, il Papato, il Ducato di Savoia, il Regno di Napoli, Mantova e Ferrara, il Regno d’Ungheria.
L’uscita dello Stato Pontificio dalla Lega per contrastare la Francia con la costituzione della Lega Santa, e l’efficace azione diplomatica di Venezia, contribuirono a ristabilire i preesistenti equilibri. Con la Pace di Worms, nel 1521, vengono fissati i confini fra Venezia e l’Impero, poi perfezionati dal lodo arbitrale di Trento nel 1535. Da allora non si ebbero variazioni territoriali di rilievo in Istria, anche se fra il 1615 e il 1617 si combatté fra Venezia e Asburgo la guerra degli Uscocchi o di Gradisca. A seguito del conflitto con Filippo I di Francia i Lanzichenecchi dell’Imperatore Carlo V attuano nel 1527 il sacco di Roma. Nel 1529 avviene l’assedio turco di Vienna.
Con la Pace di Cambrai – 1529 – e la successiva Pace di Cateau Chambresis – 1559 – si pongono le basi della spartizione del dominio spagnolo e austriaco nella Penisola. Nel 1526, con la Pace di Madrid, e quindi con l’incoronazione di Carlo V nel 1530 a Bologna come Re d’Italia (da parte di Papa Clemente VII) si attua il dominio in Italia di Carlo V, diventato (nel 1519, ad Aquisigrana) imperatore del Sacro Romano Impero Germanico – l’Impero “su cui non tramonta mai il sole”- , che riunisce la Spagna con i territori del Sud America, i Paesi Bassi, le Fiandre e il Belgio, la penisola italiana, i territori asburgici e l’impero Tedesco.
Dopo la caduta di Cipro e la battaglia navale di Lepanto del 1571, nel 1572 viene firmata la pace fra Venezia e l’Impero ottomano che fissa i confini fra le due parti nell’Adriatico e in Grecia.
L’Istria Veneta 1516-1797
Nel 1516 con il Trattato di Noyon il Ducato di Milano viene assegnato alla Francia e Napoli alla Spagna. Lo stesso anno a Venezia si istituisce il primo Ghetto degli Ebrei. Il 1797 è l’anno della sigla del Trattato di Campoformio, quale conseguenza del precedente Trattato di Leoben, e della prima campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte, con cui, di fatto, cessa di esistere la Repubblica di Venezia e i suoi territori vengono concessi all’Impero austriaco. Nasce la Repubblica Cisalpina.
L’Adriatico orientale 1573-1645
A seguito della guerra degli Uscocchi o di Gradisca scoppiata nel 1613 fra Venezia e l’Arciducato d’Austria nel 1617 si firma la Pace di Madrid, che stabilisce lo status quo ante nella partizione dei confini e con cui Venezia esce dal conflitto ottenendo la neutralizzazione e la cacciata degli uscocchi da Segna e il riconoscimento del controllo marittimo sull’Adriatico (Golfo di Venezia) precluso a qualunque vascello da guerra non autorizzato.
Nel 1645 scoppia la guerra di Venezia contro l’Impero Ottomano – la V guerra turco-veneziana – che si concluderà nel 1669 con l’occupazione ottomana di Creta – Candia dopo 22 anni di assedio e numerose battaglie navali, diverse della quali vinte dalla Serenissima – come a Negroponte, Focea, Paro, Perasto, Dardanelli, Chio –. Con il trattato di pace – Pace di Candia – del 1671 Venezia cede definitivamente Candia agli Ottomani, mantenendo sull’isola solo le fortezze di Suda, Spinalonga e Gambusa. Venezia, a seguito delle precedenti vittorie del provveditore Leonardo Foscolo, poi comandante a Candia, ottiene delle compensazioni in Dalmazia -Tenin, Dernis, Clissa, ma senza la riviera di Makarska – con l'”acquisto vecchio”, che fissa come confine turco-veneziano la cosiddetta “linea Nani”, da Giovanni Battista Nani, ambasciatore e storico veneziano.
La Dalmazia veneta. Espansioni 1669-1718
In Dalmazia la Repubblica di Venezia, a seguito dei conflitti con l’Impero Ottomano, rettifica i propri confini e acquista nuovi territori in tre fasi successive: nel 1671, a seguito della guerra e successiva Pace di Candia con l'”acquisto vecchio” o “Linea Nani”, nel 1701, a seguito della Pace di Carlowitz del 1699 (Sremski Karlovci), con l'”acquisto nuovo”, ovvero la Linea Grimani, e nel 1721, a seguito della Pace di Passarowitz (Požarevac), con l'”acquisto novissimo” o Linea Mocenigo.
Con la Pace di Carlowitz – 1699 – Venezia acquista la Morea (Peloponneso) con l’ammiraglio Francesco Morosini, e amplia i suoi domini in Dalmazia (Linea Grimani). L’Austria riconquista l’Ungheria e diventa potenza europea. Con la Pace di Passarowitz del 1721 Venezia cede definitivamente gli ultimi approdi a Creta e la Morea, consolida le isole ionie (Corfù) e conquista maggiori aree in Dalmazia (Linea Mocenigo – acquisto novissimo). Accanto alla costa dalmata Venezia ottiene parte significativa dell’entroterra fino a Strmica e Tenin (Knin) a nord e l’Erzegovina con Imotski.
Si mantengono i corridoi di Neum e Sutorina per separare i territori della Serenissina dalla Repubblica di Ragusa.
A sud i territori della Serenissima proseguono con le Bocche di Cattaro (Perasto Risano, Cattaro, Teodo, Castelnuovo, Budua- Budva, Antivari-Bar, Dulcigno-Ulcinj) e parte dell’ex Albania Veneta. L’Austria conquista il Banato e la Serbia settentrionale.
Confini fra Venezia e Austria – 1797
Situazione immediatamente precedente alla caduta della Serenissima. Dopo la resa di Venezia (e lo scioglimento del Gran Consiglio della Serenissima il 12 maggio e il trasferimento dei poteri a una municipalità provvisoria), il 17 ottobre del 1797 venne siglato il Trattato di Campoformio o Campoformido (in realtà a Villa Manin di Passariano, dimora estiva dell’ultimo Doge Ludovico Manin), quale naturale conseguenza del Trattato di Leoben – 18 aprile 1797 -, e della prima campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte.
Di fatto cessò di esistere la Repubblica di Venezia dopo 1.100 anni di esistenza. I suoi territori vennero ceduti all’Arciducato d’Austria che in cambio riconobbe la Repubblica Cisalpina che comprendeva l’ex Lombardia austriaca, il Bergamasco, il Bresciano, il Cremasco, Mantova, Peschiera, il Modenese, il principato di Massa e Carrara, Bologna, Ferrara e la Romagna. La Repubblica Cisalpina fu proclamata da Bonaparte Repubblica Italiana (1802-1805).
A seguito dell’incoronazione di Napoleone a Imperatore dei francesi nel 1804 e alla sua successiva incoronazione a Re d’Italia, avvenuta il 26 maggio del 1805 nel Duomo di Milano – cingendo la Corona Ferrea- , la Repubblica Italiana cessò di esistere trasformandosi nel Regno d’Italia napoleonico. Eugenio di Beauharnais, figlio di prime nozze della moglie di Napoleone Giuseppina, fu nominato Viceré d’Italia.
Il Regno d’Italia napoleonico includeva fin dal 1805-1806 tutti i territori adriatici della Repubblica di Venezia, ossia anche l’Istria e la Dalmazia. Il 18 marzo del 1805, con il Trattato di Presburgo (Bratislava) infatti il Veneto, il Friuli, l’enclave di Monfalcone, l’Istria, la Dalmazia, le Bocche di Cattaro, già cedute nel 1797 all’Austria, furono annesse al Regno d’Italia napoleonico.
La Dalmazia venne retta dal Provveditore generale Vincenzo Dandolo. Nel 1808 il generale Marmont annesse anche il territorio della Repubblica di Ragusa. Nel 1809, a seguito del Trattato di Schönbrunn, l’Istria, la Dalmazia, Ragusa, le Bocche di Cattaro, prima appartenenti al Regno d’Italia, con Gorizia e Trieste entrarono a far parte delle Province Illiriche dell’Impero francese.
Il secondo dominio francese durò fino alla caduta di Napoleone. Il 20 aprile 1814 Venezia venne restituita agli asburgici, la città e l’intero Veneto tornarono all’Impero d’Austria, che incorporò i territori nel Regno Lombardo-Veneto nel 1815.
L’Adriatico nel 1806
Il Regno d’Italia napoleonico – prima, dal 1797 al 1802, Repubblica Cisalpina e quindi, dal 1802 al 1804 Repubblica Italiana – includeva fin dal 1805 tutti i territori adriatici della Repubblica di Venezia, ossia anche l’Istria e la Dalmazia.
Il 18 marzo del 1805, con il Trattato di Presburgo (Bratislava) il Veneto, il Friuli, l’enclave di Monfalcone, l’Istria, la Dalmazia, le Bocche di Cattaro, già cedute nel 1797 all’Austria, furono annesse al Regno d’Italia napoleonico. La Dalmazia venne retta dal Provveditore generale Vincenzo Dandolo.
Le Province Illiriche 1809
Nel 1809, a seguito del Trattato di Schönbrunn, l’Istria, la Dalmazia, Ragusa, le Bocche di Cattaro, prima appartenenti al Regno d’Italia, con Gorizia e Trieste entrarono a far parte delle Province Illiriche dell’Impero francese.
L’Alto Adige con Bolzano vengono invece attribuiti al Regno d’Italia. Le Province Illiriche, con sede del governatorato a Lubiana, incorporarono anche la Carniola, la Carinzia, la Croazia civile (sud della Sava), la Croazia militare e parte del Banato.
Vennero sciolte nel 1813, quando furono rioccupate dall’Austria che aderì alle sesta coalizione anti-napoleonica. Il possesso austriaco verrà ratificato dal Congresso di Vienna del 1814-1815 andando a costituire il Regno d’Illiria in seno all’impero.
La Provincia del Litorale Austriaco 1815
A seguito del Congresso di Vienna – 1815 – i territori attribuiti all’Impero austriaco furono suddivisi in Regni e Province (Kronlander). Fu così costituito il Regno del Lombardo – Veneto e il Regno d’Illiria. Il Regno d’Illiria dal 1816 al 1849 includeva la parte centrale ed occidentale dell’odierna Slovenia, la Carinzia austriaca, l’Istria, Trieste ed il Friuli Orientale.
Nei primi anni comprendeva sia i territori dell’Istria, il litorale croato (con la Città – corpo separato di Fiume e i territori del Confine militare croato detto Vojna krajina), la Carniola, la Contea di Gorizia e Gradisca, Trieste e parti della Carinzia, del Tirolo e del Regno di Croazia (il Capitanato di Karlovac – Karlstadt), finché nel 1822 non fu ristabilito il Regno di Croazia, che era uno Stato della corona ungherese. Dal 1822 il Regno d’Illiria raggiunse la sua sistemazione geografica definitiva, comprendendo il Ducato di Carinzia, il Ducato di Carniola, la Contea principesca di Gorizia e Gradisca, la città di Trieste e l’Istria, accresciuta dei domini già veneziani.
Nel 1849 il Regno d’Illiria fu soppresso e al suo posto furono ricreati il Ducato di Carinzia, il Ducato di Carniola ed il Litorale Austriaco; tale divisione amministrativa durò fino al 1918. Il Litorale Austriaco – Kustenland Osterreisches, era composto dalla città imperiale di Trieste con il suo territorio, dalla Contea Principesca di Gorizia e Gradisca e dal Margraviato d’Istria.
Il Litorale Austriaco 1866-1918
Il Litorale Austriaco – Kustenland Osterreisches, costituito nel 1849, era ulteriormente suddiviso in tre territori (länder) autonomi: la città imperiale di Trieste con il suo territorio, la Contea Principesca di Gorizia e Gradisca ed il Margraviato d’Istria, ciascuno dei quali aveva amministrazioni indipendenti sotto il controllo del governatore (luogotenente) della regione che aveva sede a Trieste, capoluogo del Küstenland (l’imperial regia luogotenenza del Litorale). Tale articolazione amministrativa durò fino al 1918.
A conclusione della seconda guerra d’indipendenza italiana, con l’armistizio di Villafranca nel 1859 la Lombardia venne ceduta alla Francia di Napoleone III e da questa al Piemonte – Regno di Sardegna. Savoia e Nizza furono cedute dal Piemonte alla Francia in cambio dell’annessione dell’Emilia- Romagna e della Toscana, ove nel 1860 si svolsero i plebisciti per l’annessione al Regno di Sardegna. Nel 1861 si costituì il Regno d’Italia (senza Roma e il Veneto).
Nel 1866, a seguito della guerra austro-prussiana e della terza guerra d’indipendenza il Veneto e il Friuli furono ceduti al Regno d’Italia. Nonostante le sconfitte di Lissa e Custoza, grazie agli accordi presi in precedenza e alla vittoria della Prussia sul fronte settentrionale (Sadowa), nonché all’intervento diplomatico della Francia, l’Austria cedette formalmente alla Francia il Veneto (oltre a Mantova e a parte del Friuli) che fu concesso all’Italia. Tale cessione fu poi confermata da un plebiscito.
A seguito della perdita del Veneto a Vienna venne firmato il compromesso austro-ungarico (Ausgleich- Kiegyezés) che sancì la nascita dell’Impero austro-ungarico o Duplice monarchia, che suddivise l’Impero in Cisleitania (territori austriaci) e Transleitania (Ungheria), dal limite costituitio dal fiume Leitha.
Con la riforma costituzionale promulgata il 12 giugno 1867 dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, l’Ungheria otteneva una condizione di parità con l’Austria all’interno della monarchia asburgica. Rimase intatta l’entità territoriale e amministrativa del Litorale austriaco, con i suoi tre territori (länder) autonomi: la città imperiale di Trieste, la Contea Principesca di Gorizia e Gradisca e il Margraviato d’Istria.
Il Regno di Dalmazia venne attribuito dopo il 1867 alla Cisleitania austriaca con capoluogo Zara e suddiviso amministrativamente in dodici capitanati distrettuali o distretti politici.
Il nuovo regno di Croazia – Slavonia entrò a far parte dell’Ungheria, specificatamente della Transleitania definita “Terre della Corona di Santo Stefano” (Arciregnum Hungaricum), con il Regno di Ungheria e Transilvania, quello di Croazia e la Città – corpus separatum – di Fiume.
Alto Adriatico 1920-1924
A seguito della sconfitta dell’Impero austro-ungarico nella prima guerra mondiale, il Regno d’Italia prese possesso militarmente dell’Istria, del Trentino, di Trieste e di parte della Dalmazia. Le ostilità cessarono con l’armistizio di Villa Giusti a Padova, firmato il 3 novembre del 1918 – giorno dell’entrata delle truppe italiane a Trieste. La Venezia Giulia e l’Istria furono sottoposte al governo militare italiano del generale Carlo Petitti di Roreto. Il 18 gennaio del 1919 si aprì a Parigi (Versailles) la Conferenza di pace. La conclusione dei lavori e la firma definitiva si ebbero il 28 giugno di quell’anno.
Il 10 settembre venne sottoscritto Il trattato di Saint-Germain che definiva i confini italo-austriaci – quindi il confine del Brennero – con l’assegnazione del Trentino e dell’Alto Adige – Sud Tirolo all’Italia, ma non quelli orientali. Le potenze alleate, infatti, avevano autorizzato l’Italia e il neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati degli Sloveni – che nel 1929 avrebbe assunto il nome di Jugoslavia – a definire congiuntamente i propri confini. Con il Trattato di Trianon (novembre 1920) l’Ungheria cedette la Transilvania e la Bucovina alla Romania, la Slovacchia e la Rutenia subcarpatica al nuovo stato cecoslovacco e altri territori a quella che sarebbe poi diventata la Jugoslavia.
In Italia era cresciuta la delusione per la cosiddetta »vittoria mutilata« anche a seguito dell’opposizione del presidente americano Wilson – con i suoi 14 punti – a riconoscere le rivendicazioni territoriali italiane emerse con il Patto di Londra del 1915. Il primo luglio del 1919 a Spalato, in seguito a incidenti con dimostranti di nazionalità croata, furono uccisi il comandante della regia nave “Puglia” Tommaso Gulli e il motorista Aldo Rossi. Il 13 luglio a Trieste, squadre fasciste con la connivenza delle forze dell’ordine incendiarono il Narodni Dom (Casa del popolo) sede di associazioni slovene, croate e serbe.
Il 12 settembre del 1919 la città di Fiume venne occupata da Gabriele D’Annunzio e dai suoi legionari. D’Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro chiedendo l’annessione all’Italia.
Il 2 novembre del 1920 venne stipulato fra il Regno d’Italia e il Regno S.H.S. il Trattato di Rapallo, che istituì lo Stato Libero di Fiume e assegnò definitivamente i territori della Venezia Giulia, ovvero Trieste, Gorizia, l’Istria, parte della Carniola (con Postumia, Villa del Nevoso, Idria, Plezzo), le isole quarnerine di Cherso e Lussino, Zara e le isole di Lagosta e Pelagosa al Regno d’Italia. Castua, l’isola di Veglia e le altre isole adriatiche furono assegnate al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
Dopo più di un anno di “Reggenza del Carnaro” di D’Annunzio che nel frattempo con De Ambris aveva proclamato la “Carta del Carnaro”, il governo italiano pose termine con la forza, il 24 e 25 dicembre del 1920, all’occupazione dannunziana su Fiume con gli eventi del tristemente noto “Natale di sangue”. Iniziò la travagliata vita dello Stato libero di Fiume che esisterà de facto un anno e de iure quattro anni, dal 1920 al 1924. Il nuovo Stato venne subito riconosciuto da tutti i principali Paesi, inclusi gli Stati Uniti d’America, la Francia e il regno Unito.
L’autonomista Riccardo Zanella divenne il primo presidente dello Stato Libero. Il 24 aprile del 1921 si svolsero le elezioni per l’Assemblea costituente dello Stato Libero di Fiume, vinte dai zanelliani. Nazionalisti, fascisti e dannunziani non si arresero e crearono un Comitato di Difesa Nazionale allo scopo di rovesciare il governo eletto. Le violenze e le intimidazioni culminarono il 3 marzo del 1922 quando i fascisti attaccarono il palazzo del governo costringendo Zanella a firmare le dimissioni. Il governo e l’Assemblea costituente furono costretti a rifugiarsi in esilio. Dopo varie vicissitudini il governo italiano decise di inviare a Fiume l’esercito. Il generale Gaetano Giardino dal 17 settembre 1923 divenne governatore militare della città.
Stato Libero di Fiume 1920-1924
Con il Trattato di Rapallo del 2 novembre del 1920 nacque lo Stato Libero di Fiume subito riconosciuto da tutti i principali Paesi, inclusi gli Stati Uniti d’America, la Francia e il Regno Unito. La città – stato esisterà de facto un anno e de iure quattro anni, dal 1920 al 1924. L’autonomista Riccardo Zanella divenne il primo presidente dello Stato Libero. Il 24 aprile del 1921 si svolsero le elezioni per l’Assemblea costituente vinte dai zanelliani. Le violenze e le intimidazioni dei nazionalisti e fascisti che si opponevano allo Stato Libero culminarono il 3 marzo del 1922 quando attaccarono il palazzo del governo costringendo Zanella a firmare le dimissioni. Il governo e l’Assemblea costituente furono costretti a rifugiarsi in esilio. Dopo varie vicissitudini il governo italiano decise di inviare a Fiume l’esercito. Il generale Gaetano Giardino dal 17 settembre 1923 divenne governatore militare della città. Lo Stato Libero di Fiume venne ufficialmente sciolto con il Trattato di Roma del 1924. La città di Fiume venne assegnata definitivamente al Regno d’Italia, mentre la vicina Susak e porto Baross al Regno S.H.S.
Alto Adriatico 1924 – Trattato di Roma
Il 27 gennaio del 1924 venne stipulato il Trattato di Roma che attribuì definitivamente Fiume al Regno d’Italia. Sussak, con il porto Baross vennero assegnate al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
Venezia Giulia 1925
Linea di confine tra il Regno d’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni dopo il Trattato di Roma del 1924. La città di Fiume venne assegnata all’Italia. A seguito dei Trattati di Rapallo (1920) e di Roma (1924) furono istituite le Province di Gorizia, di Trieste, di Pola (1923) e di Fiume (1924). Gli accordi raggiunti con il trattato di Roma vennero regolati con delle clausole aggiuntive da una Commissione mista per l’applicazione del trattato; tali clausole vennero ratificate dalla Convenzione di Nettuno il 20 luglio del 1925.
Venezia Giulia 1945-1947
La crisi del 1945, sviluppatasi in seguito all’occupazione di Trieste e di quasi tutta Venezia Giulia da parte dei partigiani e dell’esercito di liberazione jugoslavi, in competizione con le forze anglo-americane, si concluse con l’accordo di Belgrado del giugno 1945 (Accordo Tito – Alexander), in base al quale il territorio giuliano venne diviso temporaneamente in zona A (Trieste, Gorizia, Pola), sotto amministrazione militare alleata, e zona B (territorio ad est della linea di demarcazione o linea Morgan, che porta il nome dal generale William Duthie Morgan, capo di stato maggiore del Comandante supremo alleato nel Mediterraneo Harold Alexander), affidata all’amministrazione jugoslava.
Conferenza di Pace: proposte di confine 1945-1947
Nel settembre 1945 iniziarono i primi negoziati alla Conferenza dei ministri degli esteri delle potenze alleate sulla proposte di definizione del confine orientale italiano.
Le discussioni ripresero a Parigi, dove fu deciso nell’ottobre 1945 l’ invio di una Commissione interalleata di esperti nelle zone contese per accertare sul posto i dati etnici ed economici di quelle zone. La Commissione visitò la Venezia Giulia nella primavera del 1946 (marzo- aprile), e furono redatte il 29 aprile quattro relazioni dalle rispettive delegazioni (americana, francese, inglese e russa) con altrettante diverse linee di demarcazione. La Commissione non visitò Fiume, Zara, Cherso e Lussino. Nel luglio del 1946 venne resa nota l’accettazione della linea francese (Linea Bidault, dal nome del Ministro degli esteri francese che propose la linea di demarcazione) da parte delle potenze alleate, in base alla quale gran parte della Venezia Giulia sarebbe sarebbe passata alla Jugoslavia e si sarebbe creato il Territorio Libero di Trieste (TLT).
La linea Bidault fissava, a sud, lungo il fiume Quieto, quella che sarebbe diventata la delimitazione del costituendo Territorio Libero di Trieste, mentre la spartizione fra Zona A e Zona B del futuro TLT sarebbe avvenuta all’incirca lungo la già fissata Linea Morgan (futuro confine definitivo fra Italia e Jugoslavia che allora delimitava le due aree d’occupazione militare). La proposta di confine più favorevole all’Italia era quella statunitense che assegnava all’Italia l’intera costa occidentale dell’Istria con Pola comprese Arsia e Albona, sino al Canale dell’Arsa (restringendo comunque ad ovest il precedente tracciato della linea Wilson caldeggiata da De Gasperi).
Quella britannica attribuiva all’Italia una porzione più ristretta della costa occidentale istriana con Pola. La proposta francese, avanzata dal ministro degli esteri e poi capo del governo francese Georges Bidault (che poi sarebbe stata accettata come confine del costituendo T.L.T) si fermava al fiume Quieto nella parte nord-occidentale dell’Istria, mentre quelle jugoslava e sovietica si spostavano sino e oltre il fiume Isonzo e in parte riprendevano o si avvicinavano ad alcuni tratti del confine italo – austriaco bel 1866.
Territorio assegnato alla Jugoslavia – Trattato di Pace 1947
Con le decisioni della Conferenza di Pace di Parigi del 1947 fu ceduta alla Jugoslavia di Tito gran parte della Venezia Giulia (Fiume e le isole del Quarnero, la quasi totalità dell’Istria e gli altopiani carsici a est e nord-est di Gorizia). Alla Jugoslavia vennero assegnati 7.372 chilometri quadrati di territorio e 495.104 abitanti (secondo fonti jugoslave: “Istra i Slovensko Primorje, Rad, Belgrado, 1952, pag 609), ovvero 7.429 chilometri quadrati e 502.124 abitanti (secondo fonti italiane: vedi: “L’esodo dalle terre adriatiche” di Amedeo Colella, Opera Asssistenza Profughi, Roma 1958).
Furono ceduti i territori di parte dell’Ex Provincia di Gorizia (2.700 chilometri quadrati, con l’alta valle dell’Isonzo, la valle del Vipacco, parte dell’altipiano carsico), una parte dell’ex Provincia di Trieste, parte dell’ex Provincia di Fiume (1.273 chilometri quadrati, 51.000 abitanti), 3.720 chilometri quadrati e 290.000 abitanti della Provincia di Pola (con le isole di Cherso e Lussino), 17 chilometri quadrati e 50.000 abitanti della città di Fiume, 120 chilometri quadrati e 28.000 abitanti di Zara e delle isole di Lagosta, Cazza, Pelagosa e Saseno in Dalmazia, e altri territori previsti da ulteriori correzioni di confine. Nel 1954 con il Memorandum di Londra sarebbero stati assegnati alla Jugoslavia, con la cessione anche della Zona B del mai costituito TLT, 7.939 chilometri quadrati complessivi, ovvero 8.257 chilometri quadrati e 586.330 persone, secondo fonti italiane.
Territorio Libero di Trieste 1947-1954
Il Trattato di pace che venne firmato a Parigi il 10 febbraio del 1947, ma che entrò in vigore il 15 settembre del 1947, pose fine alla sovranità italiana su gran parte della Venezia Giulia. L’Italia manteneva la vallata della Valcanale, Gorizia e Monfalcone, mentre l’Istria, Zara, le isole quarnerine (Cherso e Lussino), quelle dalmate (Lagosta e Pelagosa) e la zona nord-orientale di quella che era stata la Venezia Giulia entravano a far parte della Jugoslavia. La città di Trieste e la parte nord-occidentale dell’Istria, che costituivano il territorio per il quale non si era riusciti a trovare una soluzione, andavano a formare un territorio internazionalizzato, vale a dire il Territorio Libero di Trieste (TLT). Esso fu diviso in Zona A (Trieste) e Zona B (Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Buie, Cittanova), e sottoposto ad un regime provvisorio di occupazione militare anglo-americana e jugoslava, in attesa della nomina di un governatore. Quest’ultimo non fu mai nominato.
Alto Adriatrico – Linea di confine 1954-1975
Con il Memorandum d’Intesa di Londra (in inglese Memorandum of Understanding of London), accordo sottoscritto il 5 ottobre 1954 fra i governi d’Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, veniva stabilita la cessazione dell’amministrazione militare nelle due zone del Territorio Libero di Trieste (previsto dall’allegato VII del Trattato di pace di Parigi) e la cessione della Zona A all’amministrazione civile italiana e della Zona B a quella jugoslava. Il Memorandum, considerato un accordo di carattere “pratico” e non un trattato internazionale (per cui non è stato sottoposto a ratifica parlamentare) entrò ufficialmente in vigore il 26 ottobre. Il Memorandum d’intesa di Londra costituì una sistemazione provvisoria, in quanto lo stesso non verteva sulla sovranità, ma sul passaggio d’amministrazione
Il successivo Trattato di Osimo, siglato il 10 novembre del 1975, sancì lo stato di fatto venutosi a creare con il Memorandum di Londra del 1954, regolando definitivamente la questione dei confini fra Italia e Jugoslavia e assegnando la sovranità territoriale dell’ex Zona A all’Italia e dell’ex Zona B (del Territorio Libero di Trieste) alla Jugoslavia (alle quali, prima, con il Memorandum di Londra, era stata assegnata, rispettivamente, la potestà di esercitare l’amministrazione civile). Il Trattato venne ratificato dall’Italia il 14 marzo del 1977 ed entrò in vigore l’11 ottobre del 1977.
Memorandum d’Intesa 1954 – Rettifiche del confine nell’area di Muggia
Con il Memorandum di Londra del 1954 venne inoltre disposta una rettifica delle linee di demarcazione tra le due zone A e B del dissolto Territorio Libero di Trieste nei comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle, collocandole tra punta Grossa e punta Sottile. I confini subirono una variazione a vantaggio della Jugoslavia attribuendo alla Zona B una parte dei territori del comune di Muggia, fra cui le frazioni di Elleri, Bosini, Crevatini, Plavia e parte di Albaro Vescova (Scoffie), trasferendo alla RFPJ un territorio di 11,5 chilometri quadrati e circa 3.500 abitanti, precedentemente afferenti alla Zona A amministrata dal governo militare alleato. Il Governo italiano si impegnò a mantenere il Porto Franco di Trieste in armonia con le disposizioni degli articoli da 1 a 20 dell’allegato VIII del Trattato di Pace del 1947.
Il Trattato di Osimo 1975
Il Trattato di Osimo, siglato il 10 novembre del 1975, sancì lo stato di fatto venutosi a creare con il Memorandum di Londra del 1954, regolando definitivamente la questione dei confini fra Italia e Jugoslavia e assegnando la sovranità territoriale dell’ex Zona A all’Italia e dell’ex Zona B (del Territorio Libero di Trieste) alla Jugoslavia (alle quali, prima, con il Memorandum di Londra, era stata assegnata, rispettivamente, la potestà di esercitare l’amministrazione civile). Il Trattato venne ratificato dall’Italia il 14 marzo del 1977 ed entrò in vigore l’11 ottobre del 1977.
Il Trattato prevedeva la costruzione di un’ampia zona franca industriale a cavallo di confine, sul Carso, fra i due Paesi, nella zona a sud del valico di Fernetti. Tale progetto non venne mai realizzato a causa dell’opposizione dell’opinione pubblica italiana e, in particolare triestina, per le paventate conseguenze ecologiche che la zona industriale potrebbe avere avuto sul delicato ecosistema carsico ma anche per gli sconvolgimenti demografici che a seguito del libero movimento dei lavoratori avrebbero interessato il territorio di Trieste. La reazione al Trattato condusse alla nascita della Lista per Trieste che ottenne un grande successo elettorale nel capoluogo giuliano.
A seguito della dissoluzione della Jugoslavia, e della nascita della Croazia e della Slovenia come stati indipendenti l’Italia riconobbe i due Stati quali legittimi successori degli impegni internazionali della Jugoslavia, comprendendo pure il Trattato di Osimo e la delimitazione definitiva dei confini da esso stabilita.
Dissoluzione della Jugoslavia e nuovi Stati indipendenti di Slovenia e Croazia 1991
A seguito della dissoluzione della Jugoslavia, del distacco e della nascita della Croazia e della Slovenia come stati indipendenti – riconosciuti internazionalmente il 15 gennaio del 1992 – l’Italia riconobbe – il 31 luglio del 1992 – la Slovenia quale legittimo successore degli impegni internazionali della Jugoslavia, comprendendo pure il Trattato di Osimo e la delimitazione definitiva dei confini da esso stabilita. In base all’articolo 4 del Trattato nel 1983 venne stipulato un accordo fra Italia e Jugoslavia per l’indennizzo dei beni abbandonati dai cittadini italiani nell’ex Zona B che prevedeva l’impegno da parte jugoslava (e dunque dei Paesi successori) a versare all’Italia un risarcimento del valore di 110 milioni di dollari USA in 13 rate annuali a partire dal 1990. Prima della dissoluzione la Jugoslavia aveva versato 2 rate e il debito residuo di 93 milioni di dollari è stato suddiviso unilateralmente fra Slovenia e Croazia in due quote, rispettivamente di 56 e 37 milioni, di cui solo la quota di 56 milioni di dollari è stata sinora versata dalla Slovenia su un conto lussemburghese della Dresdner Bank a mai ritirata dall’Italia. A questo elemento si aggiunge inoltre la questione delle “libere disponibilità” (previste dall’Accordo di Roma del 1965 attuato dal Protocollo del 13 giugno del 1985 relativo a 500 libere disponibilità e dall’Accordo del 18 febbraio del 1983 per il regolamento definitivo di tutte le obbligazioni reciproche dall’art. 4 del Trattato di Osimo del 1975 con l’Allegato B contemplante 175 libere disponibilità).
Alto Adriatico – anni Duemila
Il 25 giugno del 1991 i parlamenti di Slovenia e Croazia proclamarono l’indipendenza e l’uscita dalla Federazione jugoslava, dopo l’approvazione di referendum popolari (il 23 dicembre del 1990 in Slovenia e il 19 maggio del 1991 in Croazia). Fu il primo passo verso la dissoluzione della Jugoslavia e l’inizio della guerra nei Balcani, che si sarebbe chiusa solo a fine 1995 (con i colloqui di pace promossi dagli Stati Uniti che portarono agli Accordi di Dayton).
Il 15 gennaio 1992 fu riconosciuta dalla comunità internazionale l’indipendenza della Croazia e della Slovenia (in particolare con il riconoscimento congiunto della Comunità Economica Europea; la Santa Sede aveva riconosciuto l’indipendenza pochi giorni prima, il 13 gennaio, mentre la Germania del cancelliere Helmut Kohl e del capo diplomazia Genscher aveva forzato la mano, impegnandosi già il 23 dicembre del 1991 a riconoscere Slovenia e Croazia. Il 17 dicembre, la CEE adottò la decisione di riconoscere il 15 gennaio 1992 tutte le repubbliche che avessero espresso il loro desiderio di diventare indipendenti e che, secondo la valutazione della Commissione Badinter – il cui verdetto doveva essere emesso l’ 11 gennaio – avessero rispettato i criteri posti per il riconoscimento. Bonn tuttavia non rispettò la decisione finale e il 23 dicembre riconobbe unilateralmente l’indipendenza di Croazia e Slovenia, facendo ai partner europei l’unica concessione di un impegno a posporre al 15 gennaio l’applicazione della sua decisione). La Slovenia, la Croazia e la Bosnia-Erzegovina sarebbero state in seguito annesse come Stati membri delle Nazioni Unite il 22 maggio 1992.
Il 15 gennaio del 1992 venne firmato a Roma il “Memorandum d’intesa sulla tutela della Comunità Nazionale Italiana in Croazia e Slovenia”, in occasione del riconoscimento internazionale dei due Paesi. L’accordo, che inizialmente doveva essere trilaterale, non venne sottoscritto dalla Slovenia, che però si dichiarò disposta a rispettarne i contenuti. Il 5 novembre del 1996 venne firmato a Zagabria dai ministri Lamberto Dini e Mate Granić il Trattato italo-croato sui diritti delle minoranze. L’accordo impegna la Croazia a confermare il carattere autoctono e l’unità della minoranza italiana, a rispettarne i diritti acquisiti e, soprattutto, ad assicurare l’uniformità di trattamento al più alto livello acquisito (art. 3) attraverso la graduale estensione dei diritti previsti nell’ex Zona B all’intero territorio d’insediamento storico della comunità italiana, tradizionalmente abitato dai suoi componenti. Con questa intesa Zagabria riconosce inoltre l’Unione Italiana quale unica organizzazione rappresentativa della minoranza. Il Trattato è stato ratificato dai parlamenti dei rispettivi Paesi, (19 settembre del 1997 in Croazia, il 15 gennaio e 25 marzo del 1998 in Italia) diventando pertanto parte dell’ordinamento giuridico interno d’Italia e di Croazia.
Il 7 aprile del 2004 la Slovenia è entrata a pieno titolo nella NATO e, lo stesso anno, il primo maggio del 2004, è entrata a far parte ufficialmente dell’Unione Europea. Il primo gennaio del 2007 la Slovenia ha aderito all’Eurozona, adottando come mezzo di pagamento l’euro al posto del tallero. Lo stesso anno, il 21 dicembre del 2007, Lubiana ha aderito pure allo Spazio Schengen (assieme alla Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria, la Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Malta), abbattendo le barriere di confine con l’Italia, l’Austria e l’Ungheria. Il primo aprile del 2009 la Croazia è entrata nell’Alleanza Atlantica e il primo luglio del 2013 nell’Unione Europea. L’ultimo, importante traguardo è stato raggiunto il primo gennaio del 2023, con l’adozione dell’euro anche in Croazia e la contemporanea entrata di Zagabria nello spazio Schengen, atto che ha segnato il superamento definitivo del confine fisico e dei controlli di frontiera in Istria e nella più ampia fascia dell’Adriatico orientale, suggellando l’integrazione definitiva di quest’area alla Casa comune europea.