Come si vede le reazioni di protesta a quanto stava accadendo nella Zona B in questo primo periodo erano numerose, nonostante le severe misure di repressione attuate dal potere.  In quest’ambito va rilevato il ruolo di opposizione agli obiettivi di annessione jugoslavi svolto dai vari Comitati di Liberazione Nazionali, sorti durante la Resistenza e, soprattutto, nell’immediato dopoguerra su iniziativa dei vari partiti democratici antifascisti italiani (Partito d’azione, Socialista, Repubblicano, Liberale, Popolare, Democristiano). Il tema è stato trattato diffusamente in Italia, anche se sull’attività svolta dai CLN in Istria ed a Fiume durante la guerra la documentazione storica e le testimonianze risultano essere scarse o confuse (al contrario di Trieste, dove il CLN svolse un ruolo significativo per la liberazione della città dando il via all’insurrezione del 30 aprile).

Lo storico Sergio Cella (che analizzò a fondo l’attività del CLN istriano sorto a Trieste nel dopoguerra), riferisce che, sia nella Penisola istriana che a Fiume, l’attività organizzata dalle forze antifasciste italiane contrarie all’annessione jugoslava, da identificarsi con i CLN, si sviluppò solo nell’immediato dopoguerra.  

Secondo il Cella, dopo l’8 settembre 1943 e durante l’occupazione tedesca, si ha notizia solo di sparuti gruppi di antifascisti democratici appartenenti al Partito d’azione e a quello repubblicano.

Le cause di tale situazione sono certamente ascrivibili alle specifiche condizioni nelle quali si sviluppò, in Istria ed a Fiume, il processo resistenziale caratterizzato dall’egemonia delle forze guidate dal Movimento di liberazione jugoslavo e dalla presenza di forti tensioni e contrasti nazionali. In questo contesto le forze antifasciste italiane di derivazione borghese, cattolica o liberale erano state indotte ad assumere un atteggiamento passivo a causa delle rivendicazioni nazionali sostenute dal Movimento di Liberazione croato e sloveno. Nel contesto politico e militare istriano configuratosi dopo l’8 settembre 1943, contrassegnato dalla totale egemonia del movimento resistenziale jugoslavo, considerate anche le strategie adottate dal MPL (che avevano ridotto ad una totale subalternità il Partito comunista italiano e le forze antifasciste a questo legate), non vi sarebbe stato spazio per una «resistenza» guidata dalle forze democratiche italiane, ovvero per un progetto di liberazione realmente «alternativo» a quello jugoslavo. 

Eliminati o «scoraggiati» i sostenitori di un progetto di resistenza che si proponesse di mantenere la continuità della sovranità e dell’identità italiane sul territorio, le già deboli forze antifasciste borghesi, cattoliche e liberali italiane, duramente provate dalla repressione nazi-fascista, assunsero pertanto un atteggiamento improntato all’immobilismo in attesa dello sviluppo degli eventi (e di un eventuale sbarco alleato).   

Come rileva nei suoi scritti del dopoguerra Steno Califfi, (uno dei principali animatori dell’antifascismo polese) dopo i primi tentativi unitari dell’agosto-settembre 1943, Pola non poté costituire un proprio CLN durante la ripresa della Resistenza, nonostante tutti gli sforzi profusi. Non si fece nulla anche perché «la quasi totalità degli uomini politicamente responsabili d’onesta origine democratica facevano parte di quella notevolissima parte che esitò di prendere una decisione e precise scelte, in attesa dello svolgersi degli avvenimenti. L’arresto e le diffide da parte dei tedeschi di parecchi tra gli uomini più rappresentativi fecero il resto».    

Lo stesso Pasquale De Simone in una delle sue opere afferma che la massa antifascista di Pola fu quasi nella sua totalità preda dell’“abile organizzazione comunista”, anche perché molti antifascisti democratici furono “fin troppo superbamente nazionalisti”.

Si deve però riconoscere che all’isolamento e alla neutralizzazione di queste forze democratiche contribuì in gran parte anche la linea intransigente del MPL, avversa all’affermazione e all’attività in questi territori di qualsivoglia componente antifascista italiana realmente autonoma e indipendente e in grado di opporsi efficacemente alle rivendicazioni nazionali e alle pretese territoriali jugoslave.

Il CLN polese e gli Alleati

A Pola la prima notizia nella nascita di un CLN si ebbe il 9 maggio 1945 (durante la prima occupazione jugoslava), quando al liceo Giosuè Carducci si riunì clandestinamente il «Comitato cittadino polese» con diversi personaggi che avevano partecipato alla cospirazione antifascista, o erano rimasti in disparte negli anni della dittatura fascista e dell’occupazione tedesca.  

Tra i convenuti vi erano, in rappresentanza dei vari partiti democratici italiani, Attiglio Craglietto, Giuseppe Bacicchi, Salvatore Astuto, Giovanni Porcari, Aldo Ferrari, Meo Petronio e Giuseppe Stefanacci.  

Con l’arrivo delle truppe alleate, il 15 giugno 1945, il Comitato cittadino polese poté riunirsi liberamente il 18 giugno con i rappresentanti di tutti i partiti italiani costituitisi fino allora. Un mese più tardi venne deciso di dare alle stampe «L’Arena di Pola» affidando la direzione a Guido Miglia, che iniziò a controbattere l’azione de «Il Nostro Giornale» (testata prima del Movimento Popolare di Liberazione dell’Istria e quindi dell’UIIF, diretta da Domenico Cernecca,  appropriatasi della tipografia del «Corriere istriano»).  

 La trasformazione del Comitato cittadino polese nel CLN di Pola avvenne appena l’11 agosto 1945 con l’approvazione di una apposita delibera, preso atto della mozione votata al congresso dei CLN giuliani tenutosi a Venezia il 25 luglio dello stesso anno. Il nuovo organismo era composto da 18 membri, in rappresentanza dei partiti Socialista, d’Azione, Democristiano e Liberale.  

L’ascesa del CLN, dei partiti democratici e delle associazioni italiane, tutti rivolti a contrastare l’UAIS e le formazioni titine che detenevano ancora il monopolio delle piazze e dell’attività politica a Pola, fu molto difficile, fino a quando la situazione non mutò a favore delle formazioni italiane all’inizio del 1946. 

Un importante ruolo venne svolto dal CLN polese anche nel porgere aiuto alle organizzazioni ciellenistiche clandestine operanti in condizioni proibitive allora a Fiume, a Rovigno, a Dignano, a Gallesano, a Fasana, a Fianona e altrove, come pure nell’opera di sostegno ai primi profughi che fuggivano dall’Istria.

La stampa clandestina

Questi aiuti servirono a finanziare non poco l’attività delle prime organizzazioni degli esuli e dei profughi sorti a Trieste ed altrove in Italia, ma soprattutto a promuovere, sotto le più disparate forme, una vasta campagna informativa e propagandistica tesa a far sentire la voce delle forze dissidenti e dei soggetti democratici italiani impegnati nella difesa dell’italianità dei territori contesi. 

Da qui la pubblicazione di numerosi giornali in rappresentanza delle varie località della regione. Da citare tra le più importanti testate «Il grido dell’Istria», organo del CLN istriano (edito a Trieste), «Fiume libera», giornale degli autonomisti (pubblicato pure a Trieste), «Va’ fuori ch’è l’ora», organo del CLN rovignese (edito a Padova), «La nostra voce» di Parenzo, «La voce del Quarnero», dedicata alle popolazioni delle isole, che usciva a Monfalcone, ed altre ancora le quali venivano divulgate clandestinamente assieme ai manifestini e ad altro materiale propagandistico.  

Il compito di neutralizzare l’azione della «reazione», come veniva definita qualsiasi dissidenza e opposizione alla linea politica imposta dal regime jugoslavo, era ovviamente affidato alla polizia politica, l’onnipresente OZNA (Comitato per la difesa del popolo). Ma l’attività politica di dissuasione in questo campo era affidata alle organizzazioni di massa, in primo luogo all’UAIS, incaricata di mobilitare e manipolare, con una massiccia offensiva propagandistica, le masse popolari, in particolare quelle italiane. In questa fase l’UIIF assunse un ruolo più defilato ed anzi, di fronte alla preminente azione politica e propagandistica assunta dall’UAIS, venne relegata a svolgere delle funzioni e dei compiti prettamente «culturali» (con l’organizzazione di manifestazioni, convegni, concorsi, raduni ed altre attività tese a dare una parvenza di «vitalità» ed a comprovare la «partecipazione» della componente italiana alle nuove strutture del regime).  

Il nuovo «ruolo» affidato all’Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume (UIIF) consentì comunque all’Organizzazione di avviare, pur in un contesto e condizioni difficilissime, delle importanti iniziative a sostegno della dimensione culturale, editoriale e scolastica della comunità italiana. 

L’UIIF ebbe così modo di esercitare, oltre alla sua funzione di controllo e manipolazione politica della componente italiana, anche una significativa azione culturale che le avrebbe consentito nel tempo di conquistare degli ampi spazi di autonomia (e di trasformarsi dunque successivamente anche in uno strumento di difesa e affermazione della presenza italiana in queste terre).