Giuseppe Vatova
Filologo, studioso delle tradizioni istriane, docente liceale, ispettore scolastico. Nacque a Capodistria il 7 marzo 1854 in un’umile famiglia di pescatori, ma si distinse negli studi già durante gli anni ginnasiali nella città natia (1866-67–1873-74), in seguito si iscrisse alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Vienna in cui studiò filologia. Qui conobbe Abraham Mussafia, ebreo spalatino convertitosi al cattolicesimo prendendo il nome di Arturo Adolfo, uno dei maggiori filologi italiani.
Non si laureò, ma nel 1883 ottenne l’abilitazione all’insegnamento delle lingue classiche, in seguito, invece, fu docente di italiano e latino, ma anche di altre materie, nell’I.R. Ginnasio Superiore di Capodistria (nel 1878-79 come supplente in sostituzione dei professori richiamati al servizio militare, e negli anni 1891-92–1899-1900, 1905-06–1912-13 in cui insegnò anche calligrafia ed ebbe l’incarico di custode del gabinetto archeologico) e nel Ginnasio Comunale Superiore di Trieste (1883-84–1889-90). Nonostante la quiescenza, nell’anno scolastico 1925-26 insegnò materie letterarie nel R. Liceo-Ginnasio classico “Giosuè Carducci” di Pola.
Il 21 giugno 1900 fu nominato ispettore scolastico provvisorio nel distretto scolastico di Pola e Lussino con sede a Pola. Collaborò ai quindicinali “La Provincia dell’Istria” e “L’Unione”, proponendo segnalazioni bibliografiche nonché contributi di storia capodistriana e più in generale istriana, e al periodico “Pagine Istriane”, ove recensì perlopiù lavori di linguistica e paremiologia.
Abbracciando l’idea proposta da Pietro Kandler e sostenuta da Tomaso Luciani caldeggiò la trascrizione delle epigrafi d’età veneziana esistenti in Istria. Dagli iniziali lavori eruditi passò allo studio del folklore e alla raccolta sistematica dei proverbi, la finalità era una sorta di thesaurus paremiologico istriano; questo impegno lo aveva occupato nel corso dell’intera sua esistenza ma l’edizione a stampa uscì postuma solo nel secondo dopoguerra grazie al figlio Aristocle. Il suo lavoro di raccolta iniziò verso il 1880 e lo impegnò per molti anni, era intenzionato a pubblicare il lavoro, pertanto predispose la prefazione, datata all’autunno del 1888. Evidenziò che “lo studio dei proverbi o paremiologia è importante non solo dal lato psicologico poiché ci rivela il modo di vedere, di sentire, di pensare, di esprimersi del popolo e quindi il suo carattere intellettuale e morale e le sue istituzioni e relazioni religiose, civili, politiche e sociali, ma pure dal lato linguistico per vedere come lo stesso termine latino in diverse regioni diversamente siasi forgiato e che diversi e strani significati abbia ricevuto spesso a indicare la cosa stessa, ma spesso ancora a significarne diverse e ben distinte”.
Reputò opportuno riunire in un’unica sede pure le tradizioni popolari, non solo istriane, alla cui raccolta propose il titolo di “Biblioteca delle tradizioni popolari delle Alpi Giulie”. Fu socio della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria di Parenzo fin dalla costituzione nel 1884, nel 1889 fu eletto consigliere nel suo Consiglio direttivo (direttore).
Noto per il suo patriottismo italiano, nel 1915 fu internato dalle autorità asburgiche nel campo di Mittergrabern, quindi fu confinato a Oberhollabrunn. Nel 1917 rientrò nella città natale e nel primo dopoguerra fu immediatamente coinvolto nella vita culturale e politica. Alle elezioni del gennaio 1922, che a Capodistria aveva visto la vittoria dei socialisti (con un quinto dei seggi comunali andati ai popolari, ma con l’esclusione del blocco nazionale – liberali e fascisti – e dei repubblicani), Vatova divenne assessore e collaborò con il podestà Carlo Nobile.
Si trasferì a Rovigno, dove dal 1925 si trovava il figlio Aristocle, assistente straordinario, su proposta del prof. Massimo Sella, presso l’Istituto di Biologia Marina per l’Adriatico. Nella città di Santa Eufemia si spense il 31 luglio 1938.
A cura di Kristjan Knez