Giacomo Filippo Tommasini e i suoi Commentari storico geografici
Un testo di notevole importanza per cogliere la dimensione dell’Istria nella prima età moderna, ossia la vita in senso lato, l’economia, la cultura, gli aspetti religiosi, è la corografia del vescovo di Cittanova Giacomo Filippo Tommasini (Padova, 1595 – Venezia, 1655).
L’opera rappresenta una fonte di considerevole per ogni studioso che si interessi a qualsivoglia argomento istriano. Il XVII secolo fu un periodo infausto per la penisola, caratterizzata dall’endemico problema degli uscocchi, dai conflitti (particolarmente cruento quello del 1615-1617/1618), dall’epidemia della peste, che falcidiò buona parte della popolazione negli anni 1630-1632, quindi dal depauperamento demografico, dal ripopolamento del territorio da parte della Repubblica di Venezia. Tra Otto e Novecento la storiografia italiana dell’Istria non prestò molto interesse all’età moderna.
Un autore come Carlo De Franceschi, che dette alle stampe il primo volume monografico incentrato sul passato istriano, vale a dire “L’Istria. Note storiche” (Parenzo 1879), dedicò poco spazio agli ultimi secoli del periodo veneziano.
Appendice: Fiere della provincia, e mercanzie che in quelle si trafficano
Significativi sono i titoli di alcuni capitoli il XXXVIII si riferisce alle Infelici condizioni dell’Istria in conseguenza delle guerre e delle pestilenze, mentre quello successivo è intitolato Trasporti di nuove genti avvenuti in diversi tempi per ripopolare quelle contrade dell’Istria, che le irruzioni di orde barbare, le guerre e le pesti avevano disertato di abitatori.
Appendice: Modo diverso che usano a far li vini
Appendice: Saline delle Provincia
In tal modo lo storico di Moncalvo volle presentare le pagine più funeste del passato istriano, contraddistinte dalla distruzione provocata dai conflitti, dalle morie dovute ai flagelli della morte nera, nonché dall’arrivo di nuove genti che stravolsero la struttura etnica della penisola.
Chiesa di San Pelagio a Cittanova
Il testo di Tommasini è fondamentale per comprendere un’epoca contraddistinta da problemi e da non poche metamorfosi. L’autore visse nel periodo in cui si assistette al rafforzamento della parrocchia come istituzione, le pagine della sua corografia pertanto sono una fonte di indubbio interesse per lo studio degli aspetti religiosi dell’Istria, al contempo ci fornisce non pochi elementi sulla persistenza di culti, di credenze ‘pagane’ (dai nati con la camicia, ai licantropi, alle streghe) dimensione che anche il poligrafo Valvasor successivamente riprese nella sua opera Die Ehre des Hertzogthums Crain.
Appendice: Sotto chi ora vive la Provincia
Come osservatore attento, Tommasini menziona i gruppi etnici presenti nella penisola, ovvero le cinque nazioni: i nativi italiani, gli slavi istriani, i morlacchi, i gradesi immigrati, i friulani uniti ai carnielli. I Commentari racchiudono pure un insieme di informazioni sulla vita quotidiana, gli usi e costumi, le attività economiche, le caratteristiche dei centri urbani, la flora, la fauna, il retaggio delle epoche passate, ecc. Per quest’ultimo aspetto l’autore utilizzò come fonti le iscrizioni, i reperti archeologici e materiali di varia natura.
Appendice: Dell’acqua, e del suo territorio
La corografia “Commentari storico geografici della Provincia dell’Istria” fu pubblicata per la prima volta nel 1837 nel quarto volume de “L’Archeografo Triestino”, la rivista voluta da Domenico Rossetti nel 1829, che gettò le basi della moderna storiografia della regione. Sulla scia della grande erudizione il patrizio tergestino fondò un periodico che, grazie al contributo di una schiera di collaboratori, raccogliesse materiali sconosciuti o poco noti, proponendoli e rendendoli fruibili. Nel 1830 Pietro Kandler pubblicò le prime Corografie dell’Istria, nell’introduzione l’erudito scrisse: “sotto questo titolo andremo raccogliendo e pubblicando nel nostro Archeografo tutta l’antica e tutta la meno recente suppellettile corografica della nostra provincia, senza escludere quegli articoli che già fossero stati altre volte pubblicati purchè siano poco conosciuti o meno comuni”.
La pubblicazione dell’opera del vescovo di Cittanova, rimasta manoscritta per quasi due secoli, rientrava nelle priorità della rivista. Nella prefazione si legge: “Fu perciò intendimento dell’Archeografo di farsi depositario di materiali pure rozzi od imperfetti, perchè l’ammasso di questi sproni qualche nobile ingegno, di cui privi mai saremo, a farsi architetto, ed ordinandoli e completandoli sorga quell’edifizio di cui andiamo privi e che attesterà quali fossero un tempo e l’Istria e gli Istriani; ed invogli pure ad aumentare questi materiali medesimi”. I redattori erano consapevoli che per la stesura di una storia della regione, cioè di Trieste e della penisola istriana, fosse stato necessario anzitutto individuare le fonti, raccogliere i dati e le informazioni utili a un lavoro di ricostruzione del passato. Il testo di Tommasini era una fonte di notevole importanza, imprescindibile alla comprensione della realtà istriana nel XVII secolo e non solo. Per questa ragione lo scritto fu giudicato utile pubblicarlo e offrirlo alla comunità degli studiosi. Nella prefazione si legge trattasi di “[…] opera di uno scienziato di non volgare fama, e perchè sortì dalla penna di uno, che se non fu Istriano di nascita, lo fu per l’officio e per l’amore in che tenne questa provincia, e perchè nessuno meglio di lui ci presenta la condizione ed i costumi di quei tempi, della cui verità pur troppo si scorgono traccie anche ai di nostri”.
Il manoscritto, che si conservava nella Biblioteca Marciana di Venezia, era stato donato da Apostolo Zeno, erudito veneziano vissuto tra Sei e Settecento (1668-1750), profondamente legato all’Istria, anche perché suo zio Francesco a Capodistria aveva ricoperto la carica vescovile negli anni 1660-1680.
A cura di Kristjan Knez