La crisi del 1945, sviluppatasi in seguito all’occupazione di Trieste e di quasi tutta Venezia Giulia da parte dei partigiani jugoslavi, in competizione con le forze anglo-americane, si concluse con l’accordo di Belgrado del giugno 1945 (Accordo Tito- Alexander), in base al quale il territorio giuliano venne diviso temporaneamente in zona A (Trieste, Gorizia, Pola), sotto amministrazione militare alleata, e zona B (territorio ad est della linea di demarcazione o linea Morgan), affidata all’amministrazione jugoslava. Da allora, il problema della Venezia Giulia divenne uno dei temi della Conferenza di pace.

Alto Adriatico 1945-1947, la "Linea Morgan" (Franco Cecotti, "Il tempo dei confini", IRSML, pag. 118)

Alto Adriatico 1945-1947, la “Linea Morgan” (Franco Cecotti, “Il tempo dei confini”, IRSML, pag. 118)

 

Nel settembre 1945, quando a Londra si tenne la prima Conferenza dei ministri degli esteri delle potenze alleate, venne deciso che nelle zone contese venisse inviata una Commissione interalleata di esperti per accertare sul posto i dati etnici ed economici di quelle zone. 

La Commissione visitò la Venezia Giulia nella primavera del 1946, e furono redatte quattro relazioni dalle rispettive delegazioni (americana, francese, inglese e russa) con altrettante diverse linee di demarcazione. Nel luglio del 1946 venne resa nota l’accettazione della linea francese (Linea Bidault, dal nome del Ministro degli esteri francese che propose la linea di demarcazione) da parte delle potenze alleate, in base alla quale gran parte della Venezia Giulia sarebbe passata alla Jugoslavia e si sarebbe creato il Territorio Libero di Trieste (TLT). 

Infatti, il Trattato di pace che venne firmato a Parigi il 10 febbraio del 1947, ma che entrò in vigore il 15 settembre del 1947, pose fine alla sovranità italiana su gran parte della Venezia Giulia. L’Italia manteneva la vallata della Valcanale, Gorizia e Monfalcone, mentre l’Istria, Zara, le isole quarnerine (Cherso e Lussino), quelle dalmate (Lagosta e Pelagosa) e la zona nord-orientale di quella che era stata la Venezia Giulia entravano a far parte della Jugoslavia. La città di Trieste e la parte nord-occidentale dell’Istria, che costituivano il territorio per il quale non si era riusciti a trovare una soluzione, andavano a formare un territorio internazionalizzato, vale a dire il Territorio Libero di Trieste (TLT). Esso fu diviso in Zona A (Trieste) e Zona B (Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Buie, Cittanova), e sottoposto ad un regime provvisorio di occupazione militare anglo-americana e jugoslava, in attesa della nomina di un governatore. Quest’ultimo non fu mai nominato. 

Fino al 1948 la questione di Trieste rientrò infatti nell’insieme dei problemi aperti della guerra fredda e non ci furono, ovviamente, convergenze tra le potenze in merito. Nella primavera del 1948 (20 marzo), gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia espressero una linea di condotta, attraverso una nota diplomatica, la Dichiarazione tripartita, con la quale si assunsero l’impegno di restituire all’Italia l’intero TLT (anche la zona B, che si trovava sotto amministrazione militare jugoslava). Quella mossa, che andava collocata nel contesto dell’approssimarsi delle elezioni politiche in Italia, non ebbe conseguenze pratiche per la ferma opposizione dell’URSS.

Con la scomunica di Tito da parte di Stalin e l’espulsione della Jugoslavia dal Cominform, sempre nel 1948, le cose cambiarono. Dal 1949 si dispiegò una nuova politica americana tesa a “sostenere” Tito  con forme di aiuto economico e militare, e, di conseguenza, il destino di Trieste venne tenuto sospeso in attesa di ulteriori sviluppi. 

L’avvicinamento temporaneo di Tito al Blocco occidentale negli anni 1952-53, decretò il venir meno dell’attenzione statunitense verso la zona adriatica. In tale clima, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna spinsero l’Italia e la Jugoslavia a negoziare bilateralmente la soluzione della vertenza. Gli alleati, nel 1953, con la Nota Bipartita dell’8 ottobre, avevano deciso di porre fine all’amministrazione militare nella Zona A del TLT, affidandola all’Italia, suscitando però una dura reazione da parte degli jugoslavi, che minacciarono di entrare con le loro truppe a Trieste qualora i soldati italiani vi avessero messo piede. La Nota Bipartita scatenò una violenta reazione da parte jugoslava che portò all’ammassamento di truppe al confine e al rischio di un vero e proprio conflitto armato. I poteri popolari e il regime jugoslavi, inoltre, si accanirono contro le strutture e le associazioni della minoranza italiana, devastando le sedi dei circoli italiani ed eliminando, nel giro di 48 ore, le scritte e le insegne bilingui nelle principali città della regione.  A Fiume molti connazionali furono minacciati, venne proibito loro di parlare l’italiano, e in meno di 48 ore fu eliminata ogni traccia di bilinguismo, sino allora presente, nella località.

Dopo un non facile negoziato, svoltosi a Londra, nell’ottobre del 1954, fu firmato l’accordo finale (noto come Memorandum d’Intesa) in base al quale veniva stabilita la cessazione dell’amministrazione militare nelle due zone del TLT e la cessione della Zona A all’amministrazione civile italiana e della Zona B a quella jugoslava. Tale soluzione non fu tuttavia considerata definitiva, almeno per quanto riguarda l’Italia, che tenne viva per oltre vent’anni la controversia sul carattere provvisorio o definitivo di tale accordo. 

Soltanto nel novembre del 1975, a Osimo, vicino ad Ancona, l’Italia e la Jugoslavia firmarono l’omonimo Trattato che pose definitivamente fine alla questione dei confini tra i due stati. 

In questo modo, la linea di frontiera tra le due ex Zone del TLT divenne confine di stato ufficiale tra l’Italia e la Jugoslavia. Tali accordi entrarono in vigore nel 1977. Da allora, il territorio istriano della zona B divenne a tutti gli effetti territorio jugoslavo.