Approfondimento sull’opera “Cenni geografico-etnografico-geologici sopra l’Istria”
Questa piccola ma animosa popolazione italica, che rinvigorita dall’elemento latino e dal veneto, tenne l’Istria da sola sino al secolo IX (come lo attesta il famoso placito dell’804 nel codice Trevisan) e quasi da sola sino oltre alla metà del XV, serbò sempre incorrotto attraverso ogni vicenda il suo carattere nazionale, sì ch’è tutta una sola famiglia dalle stesse sembianze e dallo stesso spirito, quando invece gli Slavi, che le furono importati in epoche diverse dalle signorie feudali, e, pur troppo, anche dalla veneta Repubblica, allo scopo di ripopolare le sue terre più interne disertate dalle pesti (i deserta loca nei documenti), sono di dieci e più schiatte, diverse tanto e fra di loro e dalle finitime d’oltremonte che le une colle altre non s’intendono nè coll’animo, nè col linguaggio, e si trovano consociate soltanto nel desiderio più volte espresso, di possedere esse pure e scuole italiane e italiani commeri e italiano avvenire.
E non basta ancora, chè mentre quei villici sorvenuti altro non sanno mostrare che le loro marre a chi della vita loro li ricerca, gl’Italiani possono additare con orgoglio i loro municipi, ricchi d’insigni memorie dai tempi di Roma ai giorni nostri, e i loro statuti, fra i primi d’Italia, come anche il Balbo lo scrisse, e una storia tutta fusa nella nostra, e stupendi monumenti dell’arte pagana e cristiana dell’anfiteatro di Pola alla cattedrale di Parenzo, e istituti civili di ogni maniera, e celebrate opere di illustri loro ingegni negli annali delle scienze, delle lettere e delle arti, e dovizia di tradizioni, di leggende, di canti popolari, di proverbi, che ne ritraggono la vita, conscia d’un passato glorioso da onorare e bramosa di future sorti, che vi consuonino da meritarsi.
[Cenni geografico-etnografico-geologici sopra l’Istria di Domenico Lovisato, Sassari 1883, pp. 17-18]