All’esposizione di Capodistria non c’è comune nostro che non abbia cooperato, che non vi partecipi: e tutti vanno a visitarla, gli istriani: o tutti pensano quando il duro lavoro cotidiano permetterà loro di andarci. Poichè per andarci, andranno tutti: e ciò è così bello!

Ma se tutti comprendiamo l’alta importanza morale di questo avvenimento, tutti dobbiamo anche comprendere che esso ne implica per l’avvenire una grande responsabilità: responsabilità d’un lavoro sempre più intenso e tenace, e alla quale sottrarci vorrebbe dir rinnegare la vittoria presente: vittoria strappata all’ignaria e all’ostacolo meravigliosamente, e per cui, oggi come oggi, siamo se non altro degli uomini di buona volontà.

Maggio ride per il verde che è profuso in ogni angolo della nostra campagna e dei nostri cuori: e benedette le feste degli uomini che coincidono con quelle della natura! Non per brutali lotte settarie, né per chiesastiche contemplazioni maggio per noi è venuto: sì bene per la festa dei nostri spiriti.

Maggio è più bello e fecondo, se è anche maggio di cuori, e i canti augurali nella sua prima giornata sono canti di polle.

Svaria oggi la città designata per le molte bandiere fiammanti che ogni sua casa è disnodato contro il sole: le vie già tacite percorre una folla proteiforme per fogge primaverili e festante: e ai vecchi palazzi che alla città dànno un senso di nostalgico rimpianto, ànno fremiti per i muri scrostati, ma adorni di finestre bifore tra cui occhieggiano rossi occhi di garofani, ma adorni del veneto leone alato.

E il nostro è il giubilo, oggi, d’una gran famiglia che vede nell’opera compiuta una nuova espressione, un nuovo elemento dell’attesa di cui sempre muore e sempre vive. Fratelli istriani, popolo di sole, ciò che abbiamo fatto è buono: Sursum corda! Oggi per tutti noi è giorno di solennità: una vittoria per cui potremmo esser degni del nostro giorno settimo!

Renato Rinaldi

[“Il Giornaletto di Pola”, Pola 1 maggio 1910, p. 1]