Discorso del ministro dell’Agricoltura e delle Foreste, Giacomo Acerbo – Buie, 5 novembre 1933
“L’inaugurazione di queste imponenti opere, onore del lavoro e della tecnica nazionale, assurge – e noi lo sentiamo nei nostri cuori – a profonda significazione morale e politica.
All’indomani dei solenni riti, nei quali il Duce ha segnato alla nostra Patria nuove mete per il suo primato nel mondo, s’inizia la redenzione dell’Istria attraverso una delle opere più grandiose del Regime. È l’Italia vittoriosa della grande guerra, serrata nella compatta disciplina fascista, che riscatta questa terra dal grave abbandono nel quale per secoli era stata lasciata e l’avvia verso la sua piena elevazione economica e civile. Il popolo istriano, che serba reliquie di dialetti italici anteriori all’occupazione latina, che vanta colonie romaniche ancora viventi sulle rovine degli antichi spalti, corrosi dalle andate delle genti slave, che è sentinella avanzata della nostra Nazione sulla porta più perigliosa d’Italia, ha saputo resistere, pur nella mancanza di ogni soccorso, all’urto di tante forze avverse, per non cedere ad alcun tentativo di sopraffazione della sua nazionalità. Fiero ed orgoglioso di aver sfidato tutti i pericoli e di averli vinti con la forza del sacrificio, esso è ben degno della riconoscenza della Nazione.
Tutta l’Italia, perciò, che ricorda la passione e le benemerenze di questa gente di fronte alla comune storia con i suoi fasti ed i suoi travagli, partecipa all’esultanza odierna, auspicio di luminoso avvenire.
La sobria ed efficace parola del senatore Mori, ha illustrato l’importanza delle opere finora eseguite per dare all’Istria assetata il ristoro del più prezioso alimento, ed ha segnato le tappe ulteriori di quest’opera risanatrice, che dovrà fare dell’Istria una provincia fertile e produttrice più di quanto già fu nei secoli dell’unità romana.
Il graduale compimento di questo acquedotto e delle altre opere di bonifica integrale è una sacra consegna. Ed il Duce, delegandomi ad inaugurare, nel nome di S. M. il Re, questa prima fondamentale realizzazione del vasto programma, vi invia il Suo saluto e vi assicura che, come sempre, la promessa del Governo fascista sarà mantenuta.
Dopo tanti eventi, la cui eco pare risuoni ancora su queste carsiche balze, il segno del Littorio va in tal modo consacrando definitivamente la nuova Italia, nel confine segnato da Augusto all’inizio dell’Impero, vaticinato da Dante nella procellosa era della disorganizzazione politica dell’Italia, riconquistato dalla nostra generazione, col più duro sacrificio, nella gloria di Vittorio Veneto.
E il leone di S. Marco può finalmente aprire il suo libro, perchè sul confine delle Alpi vigila l’Italia intera, con la sua trimillenaria storia e con la recuperata coscienza delle sue forze, della sua universale missione e del suo indistruttibile destino”.