Il Santo Ufficio e la Riforma protestante in Istria
L’udienza si chiudeva con un “agimus tibi gratias” intonato dall’inquisitore a cui faceva coro l’intera congregazione. Se l’imputato risultava poco o molto colpevole, le condanne variavano, a seconda si trattasse di convinti, di confessi o di penitenti e la pena era più o meno grave a ragione della colpa. Infine, la sentenza veniva pubblicata e resa nota a tutti i rettori e in tutte le terre della Repubblica di Venezia. Le pene potevano essere spirituali o corporali.
Le prime consistevano nella recitazione quotidiana o periodica di certe orazioni per un tempo variabile da un mese a dieci anni, nella visita a chiese o a santuari, nell’offerta forzata di arredi sacri o di denari, nel chiedere pubblicamente perdono delle colpe commesse ed in altre piccole cerimonie che costituivano la purgazione canonica. Le corporali comprendevano:
– la pena di morte,
– la galera,
– il carcere,
– il bando,
– la confisca dei beni,
– la perdita dei benefici, onori e diritti,
– la scomunica.
[Antonio Miculian, Il Santo Ufficio e la Riforma protestante in Istria II, in “Atti del Centro di ricerche storiche”, vol. XI, Trieste 1981, p. 180]