Il 1° maggio s’è inaugurata a Capodistria la Prima Esposizione provinciale istriana, che comprende anche una mostra di Belle Arti, suddivisa in parecchie sezioni. Interessante oltre ogni aspettazione è riuscita la sezione dell’Arte antica; era noto che l’Istria possedeva un ricco patrimonio artistico, disperso per le sue chiese e di proprietà privata, ma davvero a veder raccolto in un’ampia sala tanto splendore di stoffe, di ricami, di merletti, di oggetti d’oreficeria, tanta ricchezza e varietà di dipinti, i visitatori restano altamente meravigliati. Sulla parete principale campeggia la grande tela di Vittore Carpaccio, che il Molmenti ha riprodotto nella sua nota monografia sul pittore veneziano. Accanto le pende una tela firmata e datata di Girolamo da Santa Croce, pressochè ignorata, quantunque sia delle cose migliori di questo tardivo seguace di Giambellino; poi una tavola firmata di Alvise Vivarini, una pala d’altare di Bartolomeo Vivarini, disgraziatamente guasta da troppo zelanti puliture ed irriverenti ristauri, due quadri di Benedetto Carpaccio, il figlio del grande Vittore, che pochi anni dopo la morte del padre si stabilì a Capodistria e ne domandò la cittadinanza, Ecce Homo, che si vuole di scuola lombarda, alcune Madonne, fra le quali una deliziosissima ma, della scuola del Sassoferrato, due Santi pregevolissimi di maniera tiepolesca. La pittura veneta sul cadere del secolo XIV e gli inizi del secolo XV è rappresentata da un’ancona con la Vergine ed il Bambino ed otto Santi, da una Crocifissione e da due portelle d’armadio con quattro Santi; parecchie vedute, qualche ritratto e qualche quadro di genere ricordano la pittura di Venezia nel sec. XVIII. […]

[in “Rassegna d’arte”, a. X, n. 8, Milano 1910, pp. 126-127]