“L’Istria nei suoi due millenni di storia” di Bernardo Benussi
L’inizio di questi processi, i terribili proclami che li precedevano, le gravi pene minacciate contro chi o non accusasse spontaneamente i partigiani delle nuove dottrine, o sottacesse in qualsiasi modo la verità, dovevano produrre una forte commozione e perturbamento negli animi popolari. Nessuno poteva ritenersi sicuro. L’accusa subdola d’un nemico qualsiasi, quella d’un fanatico credente bastava a rovinare un’intera famiglia. Divenuta sospetta d’eresia, essa vedeva i suoi membri sottoposti a minuziosa inquisizione negli atti, nelle parole, nelle omissioni, nei cibi, nei fatti più intimi della vita; vedeva interpretato a irreligiosità quello che moIto spesso era dovuto o a rozzezza o ad ignoranza, od a superstiziosa credenza. Con ciò si fomentavano in pari tempo anche gli odi e le gare personali e si offriva un’arma quanto insidiosa altrettanto sicura alla vendetta personale, con pericolo nella città di scandali e di tumulti.
[Bernardo Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Trieste 1924, pp. 309-310]