Un periodo di grave agitazione per la provincia dell’Istria si fu quello in cui, in ispecie nella seconda metà del 1500, il S. Ufficio prese ad intensificare nelle nostre contrade la sua attività contro gli eretici.

L’inizio di questi processi, i terribili proclami che li precedevano, le gravi pene minacciate contro chi o non accusasse spontaneamente i partigiani delle nuove dottrine, o sottacesse in qualsiasi modo la verità, dovevano produrre una forte commozione e perturbamento negli animi popolari. Nessuno poteva ritenersi sicuro. L’accusa subdola d’un nemico qualsiasi, quella d’un fanatico credente bastava a rovinare un’intera famiglia. Divenuta sospetta d’eresia, essa vedeva i suoi membri sottoposti a minuziosa inquisizione negli atti, nelle parole, nelle omissioni, nei cibi, nei fatti più intimi della vita; vedeva interpretato a irreligiosità quello che moIto spesso era dovuto o a rozzezza o ad ignoranza, od a superstiziosa credenza. Con ciò si fomentavano in pari tempo anche gli odi e le gare personali e si offriva un’arma quanto insidiosa altrettanto sicura alla vendetta personale, con pericolo nella città di scandali e di tumulti.

[Bernardo Benussi, L’Istria nei suoi due millenni di storia, Trieste 1924, pp. 309-310]