Prefazione

A questa raccolta di proverbi del popolo istriano – e quando dico istriano, dico anche triestino, perché Trieste può venir considerata la naturale capitale dell’Istria – che mi sta vivamente a cuore, dedicai con cura gelosa ogni ritaglio di tempo, di cui tra le molte brighe potei disporre.

Ed io, oh come vorrei rendere di pubblica ragione, e per quanto possibile completo, questo codice delle tradizioni italiche del nostro popolo, che per lungo ordine di secoli in sino a noi gelosamente ci furono trasmesse intatto retaggio, di generazione in generazione. Anche i proverbi costituiscono infatti uno splendido documento dell’origine e del passato e del presente del nostro popolo, del suo carattere in somma, serbato incorrotto ed integro pur in mezzo a tante dolorose vicende ch’ebbe a traversare.

In fatti queste sentenze, brevi e succose, espresse ora ritmicamente per via di rime o di assonanze, ed ora in prosa, sono facili ad intendersi, quando sono applicate a proposito, ed a ritenersi. D’una energia tutta loro, nate quasi spontanee dalla fantasia o maturate quale frutto dell’esperienza dei secoli o ricavate per lavorio di riflessione, sono, io penso, come la più infima e rudimentale, così la primissima e più comune produzione letteraria del popolo, e in esse mirabilmente si rispecchiano la sua fisonomia, la sua cultura, la sua moralità. E sebbene creazione della parte meno colta e più semplice del popolo, i proverbi sono generalmente chiamati la sapienza dell’uman genere. […]

Qui intanto sieno ringraziati quei comprovinciali amici miei, che volentieri già mi furono larghi di aiuto e di consiglio. Così li avessero imitati più altri, che affermano a parole di nutrire amore alle cose patrie o le nutrono veramente, ai quali reiterate volte ricorsi in vano, quantunque fatica non grave e non superiore alle loro forze si sarebbero imposta: e a quest’ora l’auspicata raccolta sarebbe a buon punto.

Tuttavia quello che non ànno fatto finora c’è ancor tempo di fare. Sebbene non sia da indugiar troppo: ché il tempo e la civiltà vanno a gara a cancellare a gran passi, come ogni altro retaggio de’ vecchi, anche i proverbi; mentre le cresciute e più rapide comunicazioni vanno ogni cosa fondendo e rimescolando e illanguidiscono cancellando cancellando il colorito locale.

Dipende da loro insomma e non da me che non ò tempo né denaro per soggiornare qualche giorno almeno, nelle città e borgate della provincia, che la raccolta vada migliorando per via sino a diventare grosso volume, vero codice della sapienza del popolo nostro, tale che non abbia a invidiare le magistrali raccolte di quasi tutte le altre regioni italiche e sia principio al desiderato Archivio delle tradizioni popolari dell’Istria, nel quale si raccolgano ogni sorta di produzioni letterarie popolari e insieme il ricco patrimonio dialettale.

A loro dunque, ai buoni patriotti, mi raccomando e mi affido: facciano essi, per il bene della Patria, quant’io fare non posso.

[Giuseppe Vatova, Raccolta di proverbi istriani (opera postuma), seconda edizione rivista ed accresciuta, con introduzione di Giovanni Quarantotti, Venezia 1963, pp. XXIII-XXIV, XXXI-XXXII]