Serbiamo con ogni cura tutte le sacre memorie attestanti la nostra civiltà che ancor ci rimangono delle tante che andarono disperse e perdute! Sia questo per noi dovere imprescindibile – ora più che mai. Non imitiamo i nostri maggiori, i quali non sempre pensarono ai nepoti; ma siamo più generosi di loro.

Non dirò che la Colonna si trasporti in altro sito della città più centrico e più propizio alla sua conservazione, ove sia meno esposta, se non altro, ai continui afflati marini, che, senza contare le altre offese, già la ridussero a miserando stato. Ma almeno facciasi in modo che non sia d’ora innanzî fatta bersaglio così agl’insulti de’ monelli e piccoli e grandi. Proibisca il Municipio che si ammucchino a di lei ridosso e pietra e sabbia e calce e letame, man mano che se ne scaricano le barche. Ricingendola d’una ringhiera s’impedirebbe facilmente che detti monelli con nessuna riverenza depongano a lei d’attorno il soverchio peso del ventre e della vescica e che, quando manchi loro un soldo per comperare il piombo alla lenza, sgretolando, si servano di quello, che avrebbe dovuto tenere i vari pezzi. A ciò specialmente si deve attribuire il fatto che la base della Colonna sia peggio conservata delle altre parti e che il fusto penda già verso ponente. E taluno di questi monelli vid’io arrampicarsi fin sul capo della statua, che ben meriterebbe ch’ella si movesse e ne li scaraventasse giù in mare. Ma, se non altro, dovrebbesi rinnovarne almeno la base ed il dado, che presenta una visibile fenditura, o almeno incidere di nuovo le iscrizioni, anche così come sono conservate.

[Giuseppe Vatova, La Colonna di Santa Giustina eretta dai capodistriani ad onore del loro podestà Andrea Giustinian ed a ricordo della vittoria di Lepanto con molte digressioni e vari documenti, Capodistria 1884, pp. 29-30]