Società di Studi Fiumani
Storia e caratteristiche
La Società di Studi Fiumani nasce a Fiume nel 1923 dalla disciolta Deputazione Fiumana di Storia Patria istituita nel 1909 soprattutto per l’incitamento del giovane intellettuale fiumano Egisto Rossi (1881-1908). Con il primo presidente Guido Depoli (consiglieri Silvino Gigante, Salvatore Samani, Attilio Depoli (1879-1948), Antonio Smoquina e altri) si ebbe l’intendimento di comporre, nell’ambito culturale e dopo l’impresa dannunziana, gli aspri dissidi insorti fra il movimento annessionista e quello autonomista.
Al principio del secondo conflitto mondiale (1939-1945) la società di studi fiumani era stata costretta a sciogliersi, assorbita dalla Deputazione di storia patria delle Venezie, e si pensò quindi di ricostituirla in esilio.
Il 27 novembre 1960 a Roma la Società fu ricostituita in esilio, a Roma, dietro espressa iniziativa di Attilio Depoli e di altri intellettuali fiumani tra cui Enrico Burich (in quegli anni direttore dell’Istituto italogermanico di Roma), Giorgio Radetti, Salvatore Samani, Gian Proda, Casimiro Prischich e Vincenzo Brazzoduro. Il primo presidente eletto fu il professor Attilio Depoli (1887 -1963) . I presidenti che si succedettero da allora furono: Emrico Burich, Salvatore Samani, Claudio Schwarzenberg, Luciano Muscardin, Vasco Lucci, Amleto Ballarini, Giovanni Stelli.
La prima idea di raccogliere in un archivio-museo le memorie sparse di Fiume era sorta nel 1956, da una corrispondenza tra mons. Luigi M. Torcoletti e il dottor Nino Perini in occasione di una mostra di cimeli fiumani. Idea ancora incerta che, solo alcuni anni dopo, acquistò forma più concreta in un incontro a Venezia di Attilio Depoli con alcuni amici. Si parlò allora della sorte che attendeva i documenti, le pubblicazioni susseguitesi a Fiume dal secolo passato ai giorni nostri, i cimeli vari, le stampe, le raccolte di giornali in possesso di tanti concittadini e d’altri che avevano partecipato alla vita della città nei suoi momenti più drammatici. Tutti quei ricordi, conservati con amorosa cura e salvati al momento dell’esodo, spesso fortunosamente, correvano il pericolo di andar dispersi se non si fosse in qualche modo provveduto alla loro salvezza. Il professor Attilio Depoli avanzò allora la proposta di costituire un ente o un istituto che avesse il compito di raccogliere quel materiale d’importanza storica per tramandarlo alle generazioni future quale tangibile memoria di Fiume e delle sue secolari lotte in difesa dell’italianità e di creare contemporaneamente ad esso un centro di studi fiumani.
Tra i suoi primi atti fu l’appello lanciato a tutti coloro che possedevano cimeli storici, documenti, pubblicazioni, per farne dono all’istituendo Archivio-Museo. L’appello della società non cadde nel vuoto e ben presto cominciò ad affluire alla casa del dottor Proda un abbondante materiale di valore storico. Nel frattempo lo stesso Proda era riuscito ad ottenere dall’opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati la promessa che alcuni locali in una palazzina in costruzione a Roma sarebbero stati riservati all’Archivio Museo storico di Fiume.
Dal 1963 la Società si è fatta carico di istituire e gestire l’Archivio Museo storico di Fiume, al fine di valorizzare al meglio e di tramandare
alle future generazioni la storia e l’identità culturale fiumana, istriana e dalmata di tradizione italiana. Nel 1964 venne inaugurata ufficialmente la sede dell’Archivio Museo storico di nell’ambito del Quartiere Giuliano Dalmata di Roma in un immobile di due piani concesso in affitto, grazie all’interessamento di Gian Proda, dall’Opera per l’assistenza ai profughi giuliani e dalmati. Successivamente i locali furono acquistati dalla
Società grazie al contributo offerto da Oscarre Fabietti (1912-1993), allora sindaco dell’Associazione “Libero comune di Fiume in esilio”
Enrico Burich non poté vedere realizzato il centro di studi e di raccolta di documenti e cimeli per il quale tanto s’era adoperato: la morte lo colse improvvisa a Modena il 12 ottobre 1965, ad un mese di distanza dalla scomparsa di Gian Proda, primo conservatore dell’Archivio-Museo. La società di studi fiumani ha continuato l’opera intrapresa portandola a compimento con lo stesso impegno che vi avevano posto i suoi primi iniziatori.
L’Archivio-Museo, nella sua sede di via Antonio Cippico, all’Eur di Roma, grazie ad alcuni generosi lasciti è dotato di un razionale arredamento e il materiale finora raccolto e che s’accresce sempre grazie alle nuove offerte, viene ordinato, catalogato e schedato in modo da poter essere utilmente consultato dagli studiosi.
Attualmente l’Archivio-Museo possiede una notevole raccolta di documenti, tra i quali due copie manoscritte degli statuti cittadini elargiti a Fiume dall’imperatore Ferdinando i d’Austria nel 1530, tutte le lettere autografe di Gabriele D’Annunzio ad Antonio Grossich (1919-1921), il Libro dei verbali della Giovane Fiume, la prima società irredentistica fiumana, i documenti di interesse fiumano degli archivi personali di Oscar Sinigaglia, di Andrea Ossoinack, Riccardo Zanella, Icilio Bacci, Riccardo Gigante, Antonio Grossich e Giovanni Giurati, documenti vari relativi a particolari momenti della storia della città, numerose stampe dell’800, dipinti originali di pittori fiumani rappresentanti significativi aspetti di Fiume, ritratti, e quasi un migliaio di fotografie oltre a cimeli storici di ogni genere.
La biblioteca storica fiumana, unita all’archivio, annovera circa seimila volumi di interesse fiumano, istriano e dalmata, molte annate delle riviste e dei quotidiani pubblicati a Fiume sino al 1945 (“Eco di Fiume”, “Gazzetta di Fiume”, “Il Popolo”, “La Bilancia”, “Il Giornale”, “La Vedetta d’Italia”, “Studio ””, “Varietà”, “La Difesa”, “Vita fiumana”, “La Vedetta”, “Giovine Fiume”, “Liburnia”, “Fiume” ecc.). Un pezzo, particolarmente interessante, in questa raccolta, è costituito da una copia, l’unica esistente, del primo giornale uscito a Fiume nel 1813: “Le notizie del giorno”.
Con il decreto n. 103089 del 12 luglio 1972 del Ministro della Pubblica Istruzione l’Archivio Museo Storico di Fiume è stato dichiarato “sito di eccezionale interesse storico e artistico.
La rivista della Società di Studi Fiumani: FIUME. Rivista di studi adriatici
Dal 1923 la Società di Studi Fiumani cura la pubblicazione della rivista Fiume, erede del Bullettino della deputazione fiumana di storia patria,
il cui primo numero risale al 1910. La rivista riprese le pubblicazioni nel1952 dopo il drammatico esodo della popolazione originaria della città. Dal 2000 il sottotitolo “Rivista di studi fiumani” è cambiato in “Rivista di studi adriatici”. Direttore è il presidente
della Società Giovanni Stelli. La redazione è composta da un Comitato scientifico e da una segreteria redazionale. Si pubblica con scadenza semestrale, ma ha facoltà di uscire anche con periodicità mensile; viene inviata a molteplici istituzioni culturali pubbliche e private nonché alle
principali biblioteche nazionali, per deposito legale, e universitarie.
Presidente della Società di Studi Fiumani è attualmente Giovanni Stelli. Il segretario generale è Marino Micich.
MANIFESTO CULTURALE FIUMANO (1998)
La Società di Studi Fiumani, che preserva e tutela nella sede dell’Archivio Museo Storico di Fiume a Roma la memoria storica dell’identità
culturale fiumana di carattere italiano, in base alle sue finalità statutarieispirate allo spirito europeo dei nostri tempi intende promuovere rapporti
di collaborazione con tutti gli istituti e tutte le organizzazioni che, nell’attuale città di Fiume denominata Rijeka nell’ambito della Repubblica di
Croazia e altrove, si propongano analogo fine: studiare, custodire, e sviluppare l’identità culturale della città.
La Società di Studi Fiumani, ben consapevole dell’ineludibile realtà storica di un’identità culturale fiumana di carattere croato, oggi assolutamente prevalente, sollecita la collaborazione di tutti coloro che di tale identità croata si fanno interpreti al fine di realizzare concretamente,
nell’ambito della cultura europea, il superamento d’ogni anacronisticacontrapposizione e ricostruire così, insieme, la storia della città nel pieno
rispetto delle due culture, italiana e croata, riconoscendone la necessaria complementarità nel secolare percorso formativo dell’identità fiumana e
apprezzando ogni altra cultura che alla costruzione di tale identità ha in qualche modo contribuito.
• Ai fiumani, sparsi per il mondo, protagonisti di un esodo collettivo dalla città d’origine dopo il secondo conflitto mondiale,
• a quanti in essa immigrarono dopo tale evento,
• a quanti, italiani e croati vi rimasero,
• a quanti nell’ambito europeo intendono favorire la crescita del patrimonio culturale della città richiamandosi al contributo storico della propria specifica identità nazionale,
• agli intellettuali d’Italia e di Croaziala Società di Studi Fiumani rivolge questo appello per ottenere la loro convinta partecipazione all’attività che essa si propone di svolgere con rinnovato e più vasto impegno in vista degli scopi ora indicati.
Con felice intuizione il nostro secolo è stato definito, da Eric J. Hobsbawm, il «secolo breve». I grandi avvenimenti che hanno sconvolto il
mondo in due guerre di sterminio hanno anche determinato una rapida successione di mutamenti territoriali in virtù dei quali lo spostamento,
forzato o spontaneo, di consistenti gruppi etnici ha stravolto secolari identità culturali. Le ideologie, la cui forza egemonica si era affermata con
una crescita impetuosa e apparentemente inarrestabile, hanno subito un improvviso tramonto, lasciando dietro di sé ampi spazi vuoti nei criteri di gestione del potere politico, nelle linee d’orientamento delle diversitàculturali, nell’assetto sociale delle comunità, nelle stesse radicate idealità
elementari che motivano la partecipazione attiva dell’individuo al grupposociale d’appartenenza. Il progresso tecnologico ci porta alle soglie del
terzo millennio con una serie impressionante di conquiste, dall’informazione e comunicazione in tempo reale allo sfruttamentodell’energianucleare, alla clonazione sperimentale degli esseri viventi. La scienza sembra oggi identificarsi sempre più con la razionalitàstrumentale della tecnica e quanto più dispiega la sua potenza tanto piùsembra prendere congedo dalla saggezza. Dietro a noi stanno, di contro, i millenni in cui la scienza futura trovava i propri presupposti teorici solo
nella forza del pensiero filosofico. Ai successi della tecnologia fanno riscontro, infatti, una serie di gravi problemi irrisolti: la fame nel mondo,
l’inquinamento ambientale, le guerre convenzionali con l’incubo, ancoraattuale, di un conflitto atomico, e anche la gelosa conservazione di concezioni dogmatiche d’ordine religioso, politico, economico, morale, culturale e sociale che stentano ad adeguarsi alle mutate condizioni delvita umana per aiutarla a precorrere il futuro. È all’interno dei grandi avvenimenti del «secolo breve» e dei problemi
e delle contraddizioni del nostro tempo che va collocata la vicenda della città di Fiume-Rijeka in quanto vicenda emblematica. La storia-verità che
proponiamo non trascura alcuna causa e alcun effetto e, in quanto scienza, si sottrae al condizionamento di qualsiasi vincolo religioso, morale e politico nella consapevolezza che religione, morale e politica sono anch’esse fattori mutevoli della storia umana. In questa storia-verità
Fiume-Rijeka, con il suo territorio nell’ambito del golfo del Quarnero, antico crocevia di culture diverse, sbocco d’interessi convergenti dal bacino
danubiano all’Adriatico che unisce la penisola italica ai Balcani, votataalle vie del mare, può e deve trovare, nella sua interezza, il posto che le
compete, non solo nelle storie nazionali che l’hanno percorsa e che ora la percorrono ma anche nella più vasta storia europea. Il «secolo breve» ha portato la città dalla sovranità ungherese a quella italiana e dalla sovranità della Repubblica socialista federativa jugoslava
a quella della Croazia indipendente invertendo radicalmente, lungoquesto cammino, i rapporti numerici fra le sue maggioranze e le sue minoranze etniche, modificando sostanzialmente usi, costumi e regole dicarattere linguistico, giuridico, associativo, economico e culturale. Ma di
contro appaiono in essa, ancora contenute e frenate, quando non repressee mortificate, le enormi e inespresse potenzialità che il suo ruolo tradi
zionale e la naturale collocazione da sempre le hanno assegnato. Medianteil rinnovato interesse per gli studi fiumani si intende contribuire alla loroevidenziazione e alla loro crescita, illustrando, nella sua globalità, la cultura che ne costituisce il necessario fondamento.
Nulla di quanto è accaduto nel corso di questo secolo può essere compreso senza riferimento alla realtà dinamica della storia dei secoli
precedenti ed ogni evento dei secoli precedenti si ripercuote sul presente: negativamente, per quanto può costituire ostacolo allo sviluppo
futuro della vita cittadina, positivamente, per tutto ciò che tale sviluppopuò agevolare e promuovere. È in questa prospettiva che la lunga storia
dei rapporti italo-croati, tormentata troppo spesso dai diritti e dalle priorità della prevalenza etnica, va sottratta alla perversa logica di nazionalismi contrapposti per essere restituita scientificamente alla «storia giustificatrice», sulla base del concetto crociano alternativo a quello di
«storia giustiziera». È la storia «giustificatrice» che può evitare alla cultura croata il danno di farsi oggi involontaria «giustiziera» della cultura italiana aFiume. È la cultura dell’esodo fiumano nel «secolo breve» che ha l’obbligo di non morire nella «città della memoria», rendendo giustizia alla «città del presente» che i croati e gli italiani rimasti hanno contribuito a creare.
La «città del presente» accetti la giustificazione della «città della memoria» che gli esuli conservano. Italia e Croazia vi giustifichino insieme
l’ideale europeo e ad esse si associno quanti hanno concorso nel tempo, in maggiore o minor misura, alla formazione del patrimonio culturale
della città: ungheresi, austriaci, sloveni, serbi, francesi e inglesi, cattolici, ortodossi, evangelici ed ebrei.
La cultura della città, in ogni tempo e sotto ogni potere politico, anche il meno liberale e il meno favorevole alla sua naturale vocazione,
ha trovato sempre e comunque la forza di reagire autonomamente reclamando, come ha potuto, il rispetto e l’accettazione d’ogni diversità in essa
presente. Per tali ragioni riteniamo di far nostra, per Fiume-Rijeka, sottraendola alla suggestione d’ogni contingente retorica che l’ha potuta ispirare, l’esemplare definizione di «città di vita». Noi lavoriamo perché rimanga tale anche nel futuro europeo della
Croazia indipendente.
Roma, 12 febbraio 1998