Nel film Senso di Luchino Visconti (1954)

Alida Valli nel film “Senso” di Luchino Visconti (1954)

Alida Valli, pseudonimo di Alida Maria Altenburger von Marckenstein und Frauenberg, nacque a Pola il 31 maggio  del 1921 da madre istriana, la pianista Silvia Obrekar, e da padre trentino, professore di filosofia e critico musicale con ascendenze aristocratiche, barone Gino Altenburger von Marckenstein und Frauenberg, appartenente a nobile famiglia di origini tirolesi.

È stata una delle più note interpreti del cinema italiano, apprezzata e riconosciuta a livello internazionale. Ha recitato in più lingue diverse in ambito cinematografico, teatrale e televisivo ottenendo diversi riconoscimenti, tra cui il Leone  d’oro alla carriera, due David di Donatello, il Nastro d’argento e una candidatura al Golden Globe.

All’età di 8 anni si trasferì sul lago di Como con la famiglia e nonostante vari viaggi e spostamenti non tornò più nella sua città natale. Ma nel suo diario esprime un grande rimpianto per Pola. «A Pola ho sempre scelto di non tornare», troppo strazio. Nel 1936 adottò il cognome d’arte Valli scegliendolo, pare, dopo aver consultato a caso un elenco telefonico. Il cognome originale infatti risultava troppo difficile e serviva un nome con maggiore fascino sul pubblico.

Frequentò i corsi del Centro sperimentale di cinematografia ed esordì giovanissima sul grande schermo, interpretando fin dall’inizio ruoli da protagonista.

Divenne ben presto l’attrice simbolo del cinema italiano del periodo fra le due guerre. Tra i titoli di maggiore successo Mille lire al mese e Ore 9: lezione di chimica.

Tra il 1941 e il 1943 per il regista Mario Mattoli interpretò tre film realizzati uno di seguito all’altro : Luce nelle tenebre, Catene invisibili e Stasera niente di nuovo dove cantò la celebre canzone Ma l’amore no (di Galdieri – D’Anzi), che divenne la canzone italiana di maggior successo e più trasmessa dall’EIAR nel corso dei due ultimi e più bui anni di guerra.

Dopo il ruolo di Manon in Manon Lescaut (1940) di Carmine Gallone, fu la volta del ruolo di Luisa in Piccolo mondo antico (1941) di Mario Soldati, che al Festival di Venezia le valse un premio speciale concesso dal conte Giuseppe Volpi come miglior attrice italiana dell’anno.

Alida Valli con il marito, il compositore Oscar De Mejo, in un'immagine dei tardi anni '40

Alida Valli con il marito, il compositore Oscar De Mejo, in un’immagine dei tardi anni ’40

Nel 1942, i suoi film Noi vivi e Addio Kira! di Goffredo Alessandrini, presentati a Venezia come opera unica ma distribuiti divisi perché la lunghezza superava le 3 ore, subirono, su pressione di Mussolini, la censura fascista.

A differenza di altri colleghi, nell’autunno del 1943 l’attrice, per non recitare in film di propaganda fascista, rifiutò di trasferirsi negli studi cinematografici del Cinevillaggio di Venezia, città situata all’epoca nella Repubblica di Salò, quindi rimase a Roma, dove si nascose con l’aiuto delle amiche Leonor Fini e Luciana d’Avack.

Dopo il matrimonio e la nascita del primo figlio nel 1947, la sua interpretazione di Eugenia Grandet nell’omonimo film di Mario Soldati le fruttò un Nastro d’argento come miglior attrice. Il premio le venne consegnato a Los Angeles dove era stata chiamata dal produttore Selznick, che intendeva fare di lei la Ingrid Bergman italiana e le aveva offerto un contratto settennale.

Appartengono a questo periodo, tra gli altri: Il caso Paradine (1947), accanto a Gregory Peck, per la regia di Alfred Hitchcock, che ebbe sempre parole di grande ammirazione per l’attrice italiana, Il miracolo delle campane (1948) di Irving Pichel, in cui si trovò in coppia con Frank Sinatra, e Il terzo uomo (1949) di Carol Reed, interpretato assieme a Joseph Cotten e Orson Welles.

L’attrice non sopportò le regole che le venivano imposte dal produttore che, com’è noto, voleva sempre il controllo totale dei suoi attori, e ottenne la rescissione del contratto pur a prezzo di un’ingente penale. Nel 1951 tornò in Italia e pochi anni dopo diede una delle sue migliori interpretazioni nel capolavoro di Luchino Visconti, Senso (1954).

Dopo lo scoppio dello scandalo Montesi, decise di appartarsi e tornò al cinema solo nel 1957, diretta da Michelangelo Antonioni nel film Il grido.

Alida Valli in una foto di scena per Taverna rossa di Max Neufeld (1940)

Alida Valli in una foto di scena per Taverna rossa di Max Neufeld (1940)

La sua fama si consolidò sotto la direzione di registi quali Gillo Pontecorvo in La grande strada azzurra (assieme a Yves Montand) girato nel 1957, Franco Brusati in Il disordine (1962), Pier Paolo Pasolini in Edipo re (1967). Venne richiesta anche da registi stranieri, molti dei quali francesi. Appartengono a questo periodo Occhi senza volto, dove interpretò il ruolo di un’infermiera assassina e L’inverno ti farà tornare, premiato a Cannes, in cui diede il volto a una barista che crede di riconoscere in un vagabondo il marito imprigionato anni prima dai nazisti e mai tornato.

Negli anni Settanta si dimostrò un’attrice molto versatile, lavorando con Valerio Zurlini in La prima notte di quiete (1972), accanto ad Alain Delon, Mario Bava in Lisa e il diavolo (1972), Bernardo Bertolucci in Strategia del ragno (1970) e nel colossal Novecento (1976).

Con Giuseppe Bertolucci nel 1977 partecipò al primo film interpretato da Roberto Benigni, Berlinguer ti voglio bene; Dario Argento le affidò invece due ruoli inquietanti in Suspiria (1977) e Inferno (1980). Sempre nel 1980 fu

protagonista nello sceneggiato televisivo L’eredità della priora di Anton Giulio Majano. Nel 1983 interpretò lo sceneggiato Piccolo mondo antico, diretto da Salvatore Nocita, questa volta nel ruolo della Marchesa Maironi.

Nel 1990 ricevette il Gamajun International Award, nel 1991 il David di Donatello alla carriera (ne aveva già vinto uno nel 1982 come miglior attrice non protagonista per La caduta degli angeli ribelli di Marco Tullio Giordana), e nel 1997 il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia.

Affrontò alcuni problemi economici negli ultimi anni di vita, al punto che nel 2003 le venne concesso il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli.

Nel 2004, la Croazia decise di premiarla come grande artista croata, ma lei rifiutò il premio affermando: “Sono nata italiana e voglio morire italiana”.

Morì nella sua abitazione a Roma il 22 aprile 2006, all’età di 84 anni.