Nata a Pola nel 1936 da padre fiorentino e madre lussignana  è stata costretta all’esodo assieme alla sua famiglia. Terminati gli studi a Firenze  ha intrapreso la carriera giornalistica a Roma. Giornalista e scrittrice affermata, ha lavorato  dapprima alla radio, poi nei periodici femminili (è stata caporedattrice di «Annabella»), alla terza pagina del «Messaggero» di Roma e, fino al 1995, come inviato di cultura e spettacoli a «la Repubblica», di cui è stata tra i fondatori. Ha lavorato anche per la televisione, per la quale nel 1993 e nel 1997 ha curato una serie di servizi sull’Istria intitolati rispettivamente Istria 1943-1993: cinquant’anni di solitudine e Istria, il diritto alla memoria. Fra le opere più note “Bora, il vento dell’esilio”, romanzo scritto in collaborazione con Nelida Milani (Frassinelli, Bologna 1999, Premio Rapallo Carige per la donna scrittrice; Premio Alghero per la narrativa femminile; Premio Costantino Pavan di San Donà di Piave), “Nata in Istria”, (pubblicata dalla Rizzoli nel 2006 ,Premio Recanati) e “L’anima altrove”, (pubblicata nel 2012, sempre con la Rizzoli.).

Premiata nel 2009 con il conferimento nella sezione per la letteratura del Premio Internazionale del Giorno del Ricordo, nel corso della sua lunga carriera ha lavorato principalmente su tre terreni: il mondo femminile, il lavoro e l’Istria. Ha pubblicato Il silenzio delle donne e il caso Moro (1978), Nel segno della madre (1992), Ciao maschi (1994), Io Claudia, tu Claudia (1995), Donne mie belle donne (1997), Gli esclusi (2001), Femminile irregolare. Uomini e donne aggiornamenti sull’uso (2002), Lasciami stare (2003), Nove per due. L’ansia di diventare madre oggi  (2009).

Il luogo delle origini

(da »Nata in Istria«- Rizzoli, 2006)

«L’Italia in cui arrivai bambina, senza più niente di quello che avevo avuto sino ad allora, una bella casa, un certo benessere, la considerazione della comunità in cui vivevo, l’ho vissuta piena di complessi d’inferiorità: mi sentivo ospite, anche indesiderata, di un Paese grande, ricco di cultura e di Storia, e dalla mia ero convinta di venire da un «niente» che peraltro amavo senza poterlo dire, un amore di cui mi dovevo vergognare, il parente povero di cui non si parla e che si cerca di nascondere. «Nata a Pola, e cos’è, dov’è questa Pola?» E ogni volta che succedeva, è successo spesso nel corso della mia vita, io mi sentivo come «il resto di niente» dal titolo del bel libro di Striano ».

( …)

«Che cos’è, dov’è l’Istria? Fino a poco tempo fa bastava uscire dai confini di Trieste perché nessuno lo sapesse, o quasi. […] a quel triangolo di terra con i pini che, incuranti della Storia, si chinano oggi come si chinavano ieri ad accarezzare un Adriatico che in nessun altro posto è così verde e trasparente nella cornice delle sue rocce lisce e bianchissime, per cinquant’anni non si è voluta riconoscere nessun’altra possibile identità.

Non si è meritato neanche un po’ di curiosità: dimmi, com’era, com’è? Persa, cancellatala la memoria dei nomi, dei luoghi, dei monumenti romani, bizantini, veneti, le tracce eleganti della dominazione austroungarica. Persa la sua musica, l’ingenuità delle sue fisarmoniche, la sua cucina saporosa e un po’ pesante, le sue feste popolari e religiose.

Perso anche quel diritto che viene da Dio o dalle fate, e che nessuna vicenda politica dovrebbe poter cancellare, ed è il diritto alla bellezza: perché l’Istria non è solo una tragedia umana e politica come molti ormai sanno, l’Istria come invece sanno ancora in pochi, è soprattutto bella».