Inverno 1947
Si, c’era la neve
ma perchè dovevo sentire,
io bambina, tanto freddo
di dentro pur senza capire
la tragedia dei cristi
dal petto squarciato
dall’odio e l’amore,
forse, perché era la riva
un via vai frettoloso,
uno scambiarsi di insulti
e saluti che sapevan di pianto
e la nave più grande
che avessi veduta,
tirava la passerella
sugli ultimi addii
che dalla banchina
scivolavano lenti.
Così, tremando, ho visto
sparire facce tirate
di amici e parenti
e senza capire ciò che accadeva,
vedendo che mamma piangeva
come si piange quando si dice
addio a chi si ama,
ho pianto disperatamente,
per tutto, per niente,
con gli occhi incollati
sulla fiancata della nave
ormai lontana dove ancora
leggevo ‘‘Toscana’’.
(Dalla raccolta »Così di sera«, Istria Nobilissima, 1989)
Perdoniamo
Perdoniamo i furori
passati
di lotte, di guerre,
perdoniamo rivolte
violenze
siringhe mortali
di oggi,
perdoniamo l’ignoto domani.
Ma mamme prostrate
con visi immoti,
scolpiti,
senza lacrime
molli,
da sempre nel mondo
singhiozzano mute
nonostante il perdono.
Sull’ onda del tempo
Sull’onda del tempo
dell’oblio avanzano
martellanti e vive
le parole di un’antica cantilena
e con stupore le ricordo
ad una ad una
nel mio dialetto dolce
che ormai muore
in questa torre di babele.
(La forza della fragilita’, La Battana, n.99)