Franco Fornasaro

Nato a Trieste nel 1952 da famiglia piranese, innamorato e profondo conoscitore di cose istriane, laureatosi in Farmacia è titolare di farmacia a Cividale del Friuli. Omeopata, studioso di fitoterapia, giornalista e scrittore, ha scritto per numerosei giornali e periodici. Per oltre una decina di anni è stato collaboratore della rubrica di RAI 3 Vita nei campi. E’ socio fondatore dell’Associazione Carta di Cividale. Finora ha scritto e pubblicato una quindicina di libri e alcuni racconti brevi. Sono quasi duecento le sue pubblicazioni, divise tra letterarie, storiche e scientifiche. Fra le sue principali opere i romanzi: Incontro (1984), Quale Terra? Fine Stagione (1992), Frammenti di una lezione (1998) Sulle orme del cavaliere, (2007), L’Adriatico di Gino (2013), Gli appunti di Stipe (2016), i racconti: Incontri ravvicinati, Oltre la vita, (1998 ), Il bosco di Picon (2002); le opere Novecento adrtiatico (Campanotto, Udine, 2011), Sconfinare per sopravvivere (Aviani & Aviani editori, 2012), Visti da vicino (Aviani & Aviani editori, 2020), Il Palio di Pierino. Appunti notturni (Aviani & Aviani editori, 2022).

Fra i saggi e gli studi: Anch’io longobardo (1993), Etnie senza frontiere (Istria utopia o laboratorio etnico?)  (1995), I Longobardi e la medicina (1996), Naturalmente sport (1998), Phyta – Le piante nella storia, nella tradizione e nella terapia (2002), Erbe e ricette medicinali del Friuli Venezia Giulia (2002), La medicina dei Longobardi, (2008), Alberi e ricette medicinali del Friuli Venezia Giulia (2003), Sigeardo de Civitate (2020).

La nostra storia… senza veli

“Gli appunti di Stipe”

Resoconto giornalistico della presentazione del libro “Gli appunti di Stipe” a Udine, promosso dall’ANVGD, Comitato di Udine, diretto dallo zaratino Silvio Cattalini

 

Io, io, io…io pure, mani alzate e sguardi che s’incrociano. Dichiarare le proprie origini istriane, fiumane e dalmate è diventato più facile. La legge del Ricordo prima, e poi l’incontro a Trieste dei Tre Presidenti di Italia, Croazia e Slovenia, l’allargamento europeo ad est degli ultimi anni, la progettazione sinergica di iniziative traversali, hanno determinato una lenta ma palpabile evoluzione dei rapporti tra le amministrazioni, le associazioni e soprattutto le persone. Stemperato, e per certi versi evaporato, il clima d’illibertà da guerra fredda, dichiarare la propria provenienza è un momento catartico. A Trieste è ormai cosa acquisita ma l’abbiamo avvertito anche a Udine, in una sala gremita dell’Hotel Astoria, nell’elegante centro storico, dove recentemente è stato presentato il libro di Franco Fornasaro “Gli appunti di Stipe”. Voluto dall’ANVGD, Comitato di Udine diretto dallo zaratino Silvio Cattalini, è un bignami di storia o come sottolinea lo stesso Cattalini “una documentazione scelta che permette di affrontare alcuni aspetti interetnici poco conosciuti del Novecento Adriatico Orientale”.

Si tratta di un romanzo documentario in cui “le fantasie si mescolano con i fatti realmente accaduti e si collocano in una nemesi positiva”.

La storia: Matteo, giovane studente universitario, giunto quasi al termine del suo percorso accademico, allaccia un rapporto stretto con un vecchio professore di storia dell’età contemporanea, Giuliano Giuliani, che lo aiuterà a capire l’evoluzione degli episodi che hanno caratterizzato la genesi dei nazionalismi nei Balcani, la deflagrazione della seconda guerra mondiale, l’esodo. Il libro è un intelligente strumento che permette di viaggiare all’interno del tempo partendo dal tracollo napoleonico e gli “altri” Risorgimenti che permetteranno di definire le identità balcaniche. Un esempio? Il contributo della Carniola, che grazie a Franz Prešeren, entrerà nella logica della completa indipendenza, nonostante la imprescindibile azione da egli prodotta sulla nascita della moderna identità slovena.

Uno dei capitoli chiave della storia adriatica, è quello degli irredentismi che spesso sfoceranno in “manifestazioni cruente”, come spiega Fornasaro, “anche con morti e feriti e con arresti, processi e carcerazioni. Le varie iniziative sociali ed economiche che sorgono in quegli anni: scuole, banche, giornali, enti…società saranno spesso avvolte in una nube di dogmatismo per cui discuterne l’attività diventava quasi un sacrilegio. Per scongiurare, almeno parzialmente, alcuni pericoli sempre più percettibili, cominciarono nelle stesso tempo i municipalismi, soprattutto triestino e fiumano, tendenti ad annacquare il problema interetnico, nella ricerca di creare il mito della città quale rullo compressore autonomistico”.

Un percorso documentato e preciso per arrivare praticamente ai giorni nostri, a quella riunione di Čamparovica, di nascita dell’Unione italiana dell’Istria e di Fiume, in cui venne firmato un documento poi manipolato dalla propaganda nel quale neanche i firmatari si riconoscevano. Eppure divenne il riferimento di una presenza, un elemento di divisione e di legittimazione nello stesso tempo. “Un errore strategico” scrive Fornasaro dei comunisti italiani dell’Istria. Si stabilisce di fatto il passaggio degli italiani a condizione di minoranza etnica all’interno della Jugoslavia quando i confini erano ancora da definire…” Le ragioni che portarono a questa decisione sono oggetto di analisi, Fornasaro affronta alcune ipotesi, da valutare.

Il libro organizzato in capitoli, lascia ogni tanto spazio alle “Riflessioni” in un passaggio agli argomenti successivi, per fare il punto ma anche per analizzare date, dati, nomi attraverso l’esperienza maturata sul campo. Il pensiero dell’autore qui si materializza attraverso l’esperienza accumulata negli anni, nel dialogo tra Matteo e Giuliani. Si evincono l’estrema libertà ed onestà intellettuale di un autore “fuori dal coro”, da sempre estraneo alle dinamiche associazionistiche degli esuli, libero nelle sue considerazioni, non per presa di posizione ma semplicemente per il suo bisogno di spaziare libero nelle tematiche che lo appassionano da una vita.

La sua esperienza diventa così paradigma di un popolo e di una generazione. I figli degli esuli, nati altrove, nel suo caso a Trieste, hanno avuto modo di evolvere secondo diverse direttrici: gli uni completamente assorbiti dall’ambiente in cui sono nati e cresciuti, lontani dai luoghi di provenienza dei genitori, gli altri sradicati non dall’ambiente ma da se stessi che intrattengono rapporti con il mondo ma sempre anteponendo questo bisogno di spiegare la propria provenienza.

Fornasaro studia da una vita, i percorsi della sua famiglia e delle comunità di riferimento, proprio per capire dove porre il fulcro del suo sentire. Felice in Istria, a casa a Fiume, respira in Dalmazia, affascinato da Pirano e Ceppi, mai stanco di esplorare Trieste: la sua tana è la voglia di capire.

Così il professore Giuliani diventa il padre che tutti noi avremmo voluto avere, pronto a rispondere ad ogni domanda, capace di sciogliere qualunque dubbio. E’ il ruolo che hanno avuto da sempre gli intellettuali nella comunità di esuli e minoranza italiana. I “grandi vecchi” hanno indirizzato la formazione di intere generazioni. La sfida più difficile è rapportarsi con i figli, quei Matteo che tutti vorremmo attenti e concentrati sulle vicende dei padri ma così non è. Molte famiglie nell’esodo hanno scelto di non coinvolgere i figli nell’elaborazione del loro lutto e hanno lasciato che il tempo si portasse via tutto, la sofferenza ma anche la memoria. Altri li hanno caricati fino alla saturazione di un ricordo pesante e a volte truce che ne ha plasmato sensazioni ed atteggiamenti. Questi i due estremi, nel mezzo molta indifferenza, equidistanza, il desiderio di sapere, con parsimonia. Quando un Matteo si materializza, desta meraviglia: ragazzi che indagano sulle proprie radici, ne sono orgogliosi, tornano alle terre dei padri, vorrebbero contribuire a cambiare l’equilibrio delle situazioni.

Riflessioni emerse nel corso dell’incontro durante il quale Paolo Medeossi, giornalista del Messaggero Veneto, da “esterno” ha sottolineato i pregi di un libro denso, complesso ma non complicato o di difficile lettura, anzi piacevole e scorrevole dal quale emerge l’indifferenza di un mondo italiano e l’omertà che per troppo tempo ha caratterizzato l’elaborazione di una pagina scomoda della storia nazionale. Ma non soltanto, nella testimonianza del giornalista emerge una altro quesito di estrema importanza: come percepiscono le vicende dell’Adriatico Orientale gli “altri”, che non sono coinvolti direttamente ma avvertono le aspettative di un popolo imploso che non ha ancora la forza di proporsi al prossimo se non in sporadiche occasioni dopo la Legge del Giorno del Ricordo.

E Stipe? E’ il nome del nonno di Matteo ma è anche un omaggio all’autore che Fornasaro ha amato di più, Fulvio Tomizza, del quale è stato amico e al quale, in un certo senso, si ispira in quel desiderio di portare a galla verità, anche se scomode, per troppo tempo negate, e quindi Stipe come uno dei personaggi dei romanzi dello scrittore scomparso.

E oggi? Fornasaro conclude con un pensiero alle “due anime, sempre più deboli, o troppo assimilate nel mondo, o troppo assorbite nelle ultime realtà derivate dalla dissoluzione jugoslava, corrono il rischio dell’estinzione; una morte per consunzione, lenta indolore, eutanasica. Per anni, fin che sono stati in vita coloro i quali hanno vissuto in prima persona quegli avvenimenti maledetti, non c’è stato verso: le due anime si sono ignorate, combattute, persino odiate. Ma adesso dopo la caduta dei muri, dei miti, delle ideologie e degli stereotipi sedimentati, occorre girare pagina, cambiare registro. Le terze e quarte generazioni devono conoscere le vicende degli antenati, devono perpetrare la memoria della loro storia: altrimenti non rimarrà che il nulla…Non resterà nemmeno il Volkgeist – lo spirito del popolo. “Quando perdi lo spirito muoiono il sentimento e la memoria”. E un popolo senza memoria muore”.

Questo il testamento di Giuliano, il testimone che Matteo dovrà gestire…a Dio piacendo. Augurio che Giuliani spesso ripete, confidando nella “provvidenza” che è insita nel sentire delle genti di mare, tanto da chiamare spesso così anche le loro imbarcazioni, accanto a “speranza” e, simpaticamente, a “morbin”.