Adalgisa Fortunato: Una volta che ero a casa, mi affaccio alla finestra e vedo che arriva una fila di uomini [incolonnati] a due a due, con gli slavi di Tito, legati insieme per le braccia e li portavano su. Allora io ho chiuso le finestre, perché non volevo vedere, mi faceva impressione, e ho visto una fila lunghissima di uomini che erano in prigione. Li hanno fatti uscire dalla prigione e andavano verso su, ma non so come sono andati via. Forse li hanno portati via con qualche camion…Però quelli sono finiti in foiba. Tutti quelli che li portavano a due a due sono finiti [in foiba]. Non è che li conoscevo tutti [quelli incolonnati]. C’era qualcuno che era fascista, perché c’erano i fascisti anche a Dignano. C’era qualcuno che quando c’erano le feste dei fascisti si mettevano l’orbace e si vestivano tutti da fascisti. […] Anche il papà della mia più cara amica, che aveva il negozio di tessuti, e lui è finito in foiba. Infatti le figlie stanno a San Donà di Piave e un giorno, passando da quelle parti con la macchina, abbiamo visto la signora [la moglie]  e mi ha detto che le figlie andavano in Istria, ma non andavano per divertirsi come facevamo noi coi bambini che andavamo a fare il bagno – che a me piaceva fare il bagno in quel mare lì – ma andavano per commemorare il padre. 

[Da E. Miletto, L’esodo istriano, fiumano e dalmata in Piemonte. Per un archivio della memoria, Istoreto, Torino 2013, http://intranet.istoreto.it]