Finita la guerra c’era tutto questo tripudio, questa gioia che bisognava ricominciare a vivere, io avrò avuto cinque anni… e si facevano delle feste. Un giorno c’era festa per mamme e bambini, giornata balneare e di festa: tuffi, bagno, canti, musica, tutto festa. Si mangia pane, sardelle, roba semplice. A un certo punto arriva Gina Caenazzo, grande comunista che poi è andata via. Arriva lei e porta… una torta! Torte io ne avevo viste solo in cine che Stanlio e Olio se le buttavano in faccia e io stavo male, mi veniva da piangere perché io avrei leccato tutto e invece là finiva tutto per terra, io piangevo e tutti ridevano. Arriva questa Gina con la torta e tutti attorno, tutta una folla che cresceva, lei tagliava le fette e si guardava intorno e le fette diventavano sempre più piccole, man mano che i fioi intorno erano sempre di più. Lei taglia le fette e mia mamma mi trattiene: ‘No sburtar, no farte vedere ingorda, abbi creanza!’ Dice e mi trattiene. All’ultima fetta finalmente io ero là sotto! E arriva una mano da sopra, sopra di me, la mano di Corrado Pellizzer che era ragazzetto un po’ più grande di me e lui ga rambà l’ultima fetta! L’ultima fetta! E il piatto è rimasto vuoto. E io sono rimasta senza torta. Mia mamma l’ho odiata, per me la festa era finita, ero ferita a morte… Da noi non c’erano dolci, pasticcerie, panetterie, avevamo forse pan e marmellata, ma non c’erano dolci. Zia Vera mi faceva la ‘torta Tito’, con la polenta e un po’ di marmellata sopra… Questo era anche perché i pasticceri erano andati in Italia, avranno trovato qualche accusa anche contro di loro, come quella che i caligheri avevano riparato le scarpe ai tedeschi. I pasticceri poi per loro erano gente grassa, opulenta, nemici del popolo, allora erano scappati in Italia.