Mi prendevano in giro: talijanka, talijanka. Per dimostrare che sebbene povera talijanka potevo essere come loro io mi sono sfiancata! Ma mi sono sfiancata per essere udarnik, lavoratore d’assalto per quella giornata. Mi pare che due volte sono stata nominata udarnik, pensandoci ancora adesso mi inorgoglisco, sarò cresciuta dieci centimetri! Si portavano carriole piene di pietre e c’era uno che registrava… Ci si alzava credo alle cinque o alle sei, si faceva ginnastica e dopo si andava a lavorare con le carriole. Ognuno aveva il suo lavoro, certi scavavano con le pale… io con le carriole che dopo mi sono venuti i piedi piatti, a portarle. C’era tanta bella gioventù, di tutta la Jugoslavia, eravamo divisi in squadre per tutta l’autostrada, io ero con la mia Facoltà di lettere, ciascuno aveva il suo caposquadra. E alla sera era zbor,adunata, ci si metteva in fila come soldatini sull’attenti e davanti a questa truppa c’era il palo con la bandiera abbassata. Il caposquadra solennemente nominava il lavoratore d’assalto. ‘Oggi il lavoratore d’assalto è Nelida Milani!’ Ma anche adesso farei salti fino al soffitto! E io andavo fuori – io, la talijanka – e mi alzavo verso il cielo, alzando la bandiera! Ma dove c’era cosa più bella, più entusiasmante? E pensare che mia nonna a casa piangeva perché le dicevano: ‘Ah, le mule che vanno là, chissà cosa combinano…’. Ma noi dovevamo andare, io avevo il libretto di comunista, dovevamo andare… 19 anni avevo.

[Da G. Nemec, Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, Unione Italiana Fiume – Università Popolare Trieste – Università degli studi  Trieste, Centro di ricerche storiche Rovigno, ETNIA vol. XIV, 2012.]