Noi avevamo un forno a legna, antico, dunque il pane era più buono e tutta Pola veniva a prenderlo! Ma a Pola c’era una grande desolazione, dopo l’esodo Pola si è spogliata di tutto e di tutti, ma mio papà ha detto: ‘Nessuno da qui deve andar via’… Quando sono venuti i drusi, sono venuti coi camion militari, hanno portato via tutta la farina americana e ci hanno portato questa loro farina nera. Era difficilissimo impastarla, credo adesso che fosse di grano saraceno perché scricchiolava sotto i denti. Per mio papà era una disperazione, perché non sapeva impastare quel pane! Non si levava, era scuro… Allora mio papà ha pregato certi contadini di portargli la farina di casa, per setacciarla e unirla a questa, che il pane venga un poco meglio. Ma questo ha causato un grosso problema, perché mio papà non comprando esclusivamente dal mulino, lui è stato considerato tipo un traditore… hanno detto che era contro il comunismo. […]Dunque è venuta un giorno la polizia al forno, che mio papà stava infornando, gli hanno messo le manette e lo hanno portato via e anche mia mamma dal negozio dove vendeva il pane è stata portata via. Però li hanno tenuti per quattro giorni soli, perché non avevano una scusa sufficiente. Però ci hanno nazionalizzato il forno. Solo dopo una lotta di tanti anni per avere il nostro, siamo poi riusciti a ricomprarcelo. Mio papà è morto a 55 anni, ma era rimasto l’unico privato a lavorare… lui ha resistito fino ai primi anni ’60, con anche problemi, era chiamato, facevano sempre controlli. Era tutto controllato, perché a mio papà, quando era chiamato dentro, dicevano: ‘Guarda, non occorre che tu dica niente, noi sappiamo tutto, ogni tuo movimento’, anzi ogni nostro movimento sapevano. Una volta lo hanno anche messo in prigione per 18 giorni, ma poi lo hanno sempre mollato perché non avevano cosa dire.