Intervista a Ottavio Missoni
Ho superato gli 80 e non ci trovo nulla di bello – Ottavio Missoni
(intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin)
Ottavio Missoni, vestito di intrecci di colori che sono il marchio del suo successo, si muove sornione tra le genti dalmate al Raduno di Peschiera. E’ lui il sindaco del Libero Comune di Zara in esilio, lui che è nato a Ragusa ma sente tutta la Dalmazia come un’estensione della propria personalità, del suo modo di essere. Il sorriso che sfodera senza difficoltà rivela tutta la generosità della gente di mare, aperta, solare, pronta allo scherzo. Beatamente affondato in una sedia in fondo alla sala delle conferenze ascolta gli interventi.
“E’ un’occasione per stare insieme, siamo tutti un po’ dei nostalgici. Per tanta gente questa è un’occasione unica per stare insieme: molti fanno coincidere le vacanze con le date del raduno e partono dall’Australia, dall’America, dalla Gran Bretagna per rivedere gli amici perchè ormai ci conosciamo tutti”.
E la Dalmazia quale dimensione assume?
“La Dalmazia è una terra con una forza immensa, è il Mediterraneo per eccellenza. Quando arriva uno straniero riesce a plasmarlo e poco dopo è sulle rive a ripetere gli antichi riti del gioco delle carte, striscia, bussa e poi via verso il mare, tira, molla. Zara era sempre un crogiuolo di popoli, oggi l’italianità la difendono gli albanesi di Borgorizzo perchè lì non conta il passaporto ma la consapevolezza che la Dalmazia non è Balcani e non è Danubio: è il mare di Barba Frane e Barba Mate e Barba Toni”.
Figli e nipoti come sentono la sua Terra?
“Lì hanno imparato a nuotare e a pescare, sono a casa. Per anni s’andava d’estate su un isolotto di fronte a Lesina, con tanti amici, le barche: non c’era acqua ma si bevevo vino, il dalmata non si dà pensiero, sa che la vita corre e lo trascina, la lascia fare. Molte volte, scherzando, dico ai miei che abbiamo ereditato tutti la proverbiale pigrizia dalmata, ma è così, per ridere. I Dalmati vivono di mare, un elemento imprevedibile, non serve l’ansia del domani, è lui che governa e se vuole ti lascia andare, altrimenti ti tiene stretto, prigioniero della terraferma che è isola o continente, roccia che non dà da vivere ma infonde forza e voglia di conoscenza. La mia famiglia è orgogliosa di avere radici in quella terra, sa che i miei erano di Ragusa e Capocesto, che Tommaseo scriveva lettere a mio nonno, io ne conservo le fotocopie”.
La gente che incontra in Dalmazia, la riconosce, Lei è un uomo famoso, che cosa le chiedono?
“La prima volta che sono tornato a Zara, due ragazzi seduti al ristorante, al tavolo vicino ci hanno subito collocato nella categoria dei turisti. Non è servito dire che ero dalmata, il discorso è scivolato sui prezzi, quanto costa quello, quanto costa questo. Non è mai stato facile vivere in quelle zone. Una volta un tizio mi ha chiesto se la mia professione mi costringeva a lavorare molto. Non sapevo cosa rispondere: quello che è necessario, ho risposto. Allora si è messo a ridere e ha fatto una battuta: il realsocialismo per noi – ha spiegato – è una gran bella invenzione, i ne paga poco ma mai tanto poco quanto poco noi lavoremo”.
Ci sono stati anche momenti di tensione con la municipalità zaratina…
“Si, per la medaglia d’oro al Gonfalone di Zara. L’hanno interpretata come qualcosa che li riguardava direttamente, invece è una questione nostra col governo italiano, non hanno capito un tubo”.
Quali pensieri suscitano questi incontri, il Raduno è giunto alla 49.esima edizione.
“Abbiamo fatto tante cose, raggiunto tanti traguardi, purtroppo ho superato gli ottant’anni e non ci trovo niente di bello”.
Ma la sera al ballo Ottavio Missoni si scatena in pista sfoggiando il fisico d’atleta e sprigionando allegria, durante la giornata ha distribuito fazzoletti azzurri con i tre leoni, ai benemeriti. Il 2003 sarà l’anno del Cinquantesimo: “Ve auguro de arivarghe” – questo il suo auspicio ai dalmati presenti all’incontro di Peschiera – “parlo per vo’ altri, mi no go problemi”.