Paolo Sardos Albertini
La restituzione dei beni segnerà il ritorno dei giovani
(Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin)
Nello studio di via Filzi dell’avvocato Paolo Sardos Albertini, c’è, tra gli altri, un quadro di mare: un pescatore in primo piano, un faro alle spalle e un’imbarcazione a vela latina sullo sfondo: la Dalmazia, l’Adriatico orientale, il viaggio nella memoria ma anche un simbolo di speranza e quindi di futuro. L’avvocato è seduto dietro la scrivania.”La proprietà – spiega – che si identifica con sovranità è un concetto dell’Ottocento. Cosa dire di fronte a una realtà, per esempio, di Grado, dove diecimila tedeschi si sono comprati l’appartamento per le vacanze. Non è una conquista del territorio, è ricchezza economica e non può fare paura. E’ chiaro che l’Italia e la Croazia dovranno trovare un accordo anche in questo senso e la Slovenia si dovrà adeguare. L’allargamento dell’UE, infatti, impone di uniformarsi alle regole della civiltà giuridica e conseguentemente di rimuovere ogni discriminazione nella restituzione dei beni espropriati”. Che siano Croazia e Italia il motore trainante è logico – afferma – sono i due Paesi dell’Adriatico per antonomasia con tutto un bagaglio di interessi comuni che diventano punto di riferimento per tutti gli altri che, o si adeguano o rischiano di estraniarsi dalla realtà.Alla notizia della prossima ripresa dei colloqui tra Roma e Zagabria in merito ai beni abbandonati, sono questi i commenti, a caldo, di Sardos Albertini, che riflettono però una posizione maturata nel tempo che tiene conto della necessità di rinnovamento di atteggiamenti e pensiero.- Come crede che reagiranno le istituzioni degli esuli a questa anticipazione di ripresa dei colloqui al prossimo incontro a New York di Berlusconi e Picula?”Non posso farmi interprete del pensiero di tutti ma è chiaro che questa problematica ha determinato un coinvolgimento totale, cresciuto nel tempo e diventato tema fondamentale dell’impegno delle associazioni. Ma c’è un fatto da sottolineare e cioè che il discorso della restituzione riqualifica i parametri dell’indennizzo che dovranno rapportarsi al reale valore dei beni restituiti e rifuggire da soluzioni simboliche considerate molte volte alla stregua di semplice elemosina”.- Perché la restituzione potrebbe cambiare gli equilibri?”Perché l’indennizzo è una questione che riguarda gli anziani (il nonno che ottiene un risarcimento). La restituzione, invece, coinvolge il mondo dei giovani che avrebbero un motivo valido per avviare nuovi contatti con la terra d’origine dove sentirsi a casa. Per tutti sarebbe un investimento per la permanenza e lo sviluppo della cultura italiana autoctona”.- Ciò significa che le istituzioni degli esuli dovranno mutare atteggiamento e programmi?”Dovranno essere in grado di adeguarsi alla nuova realtà, non possono limitarsi a gestire il passato. Abbiamo vissuto per quarant’anni in una realtà blindata ma oggi tutto è cambiato”.- Saranno da rivedere anche le voci dell’attività delle Associazioni degli esuli?”Non so come si stiano muovendo gli altri. Io posso dire quanto stanno facendo il CDM che è una realtà nuova proiettata verso il futuro e la Lega nazionale che ha in programma alcune iniziative importanti. La prima: riprendere la pubblicazione del giornale. Il nostro Notiziario, nato nel 1990 con la direzione di Roberto Spazzali, usciva ogni bimestre e si rivolgeva a cinquemila lettori. Poi, per mancanza di mezzi, abbiamo dovuto chiudere”.Altre attività della Lega Nazionale sono i convegni. E’ in preparazione un incontro per la fine dell’anno dedicato alla figura di Oberdan. Ma un impegno importante sarà anche la ripresa di un’iniziativa realizzata in collaborazione con la Provincia di Roma che ha visto una serie di conferenze itineranti nelle scuole sull’argomento dell’esodo e delle foibe intitolato “Il rumore del silenzio: la storia dimenticata dell’Adriatico Orientale”. Discorso che verrà ripreso ora con il Veneto. Nelle classi, oltre che proiettare un video, si rivolgono agli studenti uno storico ed un testimone del tempo. Il tutto dovrebbe concludersi con un convegno alla Fondazione Cini di Venezia. Per quanto concerne il CDM, l’ultimo nato nel panorama di enti ed istituzioni del mondo dell’esodo, due sono i settori che lo compongono: la parte scientifica e quella giornalistica. “Il progetto scientifico è stato affidato al prof. Giuseppe Parlato di Roma, un’autorità in campo accademico-universitario, che ha accettato con entusiasmo di sovrintendere alla dimensione storico-sociale del nostro sito presentando un progetto di grande respiro che verrà reso noto tra qualche settimana. La sua presenza assicura il coinvolgimento di personalità e specialisti a garanzia di un approccio moderno e approfondito. Intendiamo promuovere il nostro sito arcipelagoadriatico in vari modi. Saremo presenti con un stand anche alla prossima Barcolana”.Lo sguardo si posa ancora sul volto del pescatore ritratto nel quadro: Istria, Dalmazia o tutte e due? “Io sono nato in una famiglia che coniuga queste due realtà. Capodistriano mio padre, di origine dalmata mia madre, di Zlarin, isola dell’arcipelago di Sebenico, nota per la lavorazione del corallo. Mio nonno era un possidente di quella terra, lui italiano eternamente in contrasto con il possidente croato. Scoppiata la guerra, il nonno è stato processato perché italiano e benestante immagino – non né ha voluto mai parlare – e incarcerato. A fargli visita è andato il suo nemico dichiarato, per chiedergli se poteva aiutarlo. A privarlo della libertà erano stati dei non dalmati, e questo bastava per far scattare la solidarietà. Tutto questo mi ha fatto capire la mentalità degli isolani, in eterna competizione tra di loro ma compatti verso l’esterno. Una caratteristica che non ho trovato altrove”.- Che cosa ha significato operare nelle istituzioni degli esuli?”Sono stato eletto Presidente della Federazione nel 1989 e già dall’inizio la mia preoccupazione è stata il futuro. Sono padre di quattro figli, come poteva essere altrimenti! In dieci anni ho assistito a cambiamenti epocali, alla trasformazione della speranza come pura utopia, in speranza possibile. Il tempo riesce sempre a proporre una soluzione. Ora sogno di arrivare un giorno a Capodistria e non accorgermi di aver varcato il confine”.- Che cosa ne pensa del dialogo con gli italiani residenti in Istria, Quarnero e Dalmazia?”Ho avuto contatti sin dall’inizio, nonostante le comprensibili reazioni degli esuli. Mi reputo comunque fortunato di aver avuto modo di conoscere il prof. Antonio Borme che mi ha permesso di inquadrare tutta la situazione con il giusto criterio di valutazione. Mi manca”.