Silvio Mazzaroli
Il mio ritorno a Pola
(Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin)
La redazione dell’Arena di Pola, ora a Trieste Silvio Mazzaroli, nato a Trieste ma trasferitosi ancora piccolissimo con la sua famiglia a Pola, oggi è Tenente Generale dell’Esercito a riposo ed è diventato, nel corso dell’ultimo anno, il massimo esponente del Libero Comune di Pola in esilio: la città dell’Arena. Il suo sguardo è severo, le sue frasi precise, ma quando ha iniziato a raccontare il suo primo viaggio di ritorno a Pola, nei suoi piccoli e profondi occhi verdi s’è acceso qualcosa, un puntino, una capocchia di spillo che è diventata sfera prima, universo poi e tutto il resto è scomparso. “Da Pola sono venuto via piccolissimo, non ricordavo che pochi frammenti, perlopiù confusi, impastati con le suggestioni del racconto ripetuto all’infinito dai miei genitori. Sono partito ancora ragazzo da Trieste per andare all’Accademia Militare e, da allora, la mia vita è stata un susseguirsi di impegni sempre vissuti all’ombra del cappello alpino che mi hanno portato, tra l’altro, ad operare a Roma nello Stato Maggiore, nella ex Jugoslavia quale Addetto Militare della nostra Ambasciata a Belgrado ed in Africa e nei Balcani alla guida di contingenti ONU e NATO.
Quand’ero a Belgrado mio padre mi telefonava spesso da Trieste, preoccupato, in preda ad una gran paura che mi succedesse qualcosa, che mi fidassi troppo di gente che gli aveva fatto tanto male, privandolo della sua casa, delle sue cose, del suo mondo. Cercavo di tranquillizzarlo, ma le sue emozioni erano comunque parte di me, depositate in fondo all’anima, un qualcosa di irrazionale che rimaneva in agguato. Non ero mai stato in Istria. Poi, nell’89, ci andai in missione. La mia destinazione era Pola ma dovevo farlo in incognito. Partii con mia moglie ma non servì a confondere il significato della mia presenza. Già dal mio arrivo mi accorsi di essere seguito e questo impegnò la mia attenzione distraendomi dal fatto che mi trovavo a Pola, la mia città, dopo tanti anni. Ad un certo punto capii che non avrei avuto libertà di manovra e rinunciai a portare a termine il mio incarico E solo allora sentii che quel viaggio non era solo una missione, che i fantasmi del passato s’erano messi in cammino e riaffioravano nelle sensazioni che provavo, nell’improvviso, inatteso, prepotente desiderio di ritrovare la casa della mia infanzia. “Andiamo a visitare l’Arena” – dissi a mia moglie – “ci sarà qualche guida del posto che ricordi i nomi delle vie di allora”.
L’emozione guidava i miei passi, mia moglie taceva al mio fianco. La persona alla quale mi rivolsi era una guida, un “polesan patoco” che mi rispose senza indugio: “via Diaz xe verso Veruda, la vadi qua e qua”.Arrivai sul posto ma la strada era interrotta per lavori di scavo in atto, e non trovavo la via. Mi venne il dubbio che l’immagine che conservavo gelosamente, fosse solo un sogno, una proiezione della mia fantasia ma non volevo desistere. Mi guardi intorno, nessuno eccetto uno dei due uomini che mi stavano seguendo sin dal mattino. Gli andai incontro, deciso: “parla italiano?”, gli chiesi. “Da!”, mi rispose. “Allora mi indichi per favore qual è Via Diaz oggi Pino Budicin”. Mi fece vedere la strada e, finalmente, riconobbi la mia casa. Invecchiata, un po’ trascurata, conservava intatta la sua signorilità. Non ci pensai due volte a suonare il campanello.Venne ad aprirmi un signore dalla capigliatura bianca, seguito da una donna della stessa età, la moglie. “Questa era la villa della mia famiglia” – dissi. L’uomo mi abbraccio e ci trascinò dentro casa dicendomi “vi stavamo aspettando da tanto tempo”.
I due coniugi erano insegnanti, bosniaco lui, “polesana” lei. Il figlio architetto in America aveva voluto comprare una casa per i genitori. Prima di loro, la villa, era stata abitata da altri inquilini. Mi raccontarono di Pola, di come vivevano, facendomi trascorrere uno strano, incantevole, pomeriggio e, prima di partire, mi fecero promettere che avrei portato i miei genitori nella loro casa.Qualche mese dopo, quando mia madre e mio padre si trovarono, dopo cinquant’anni, nuovamente e per la prima volta a Pola, davanti alla villa, tremavano. Ma l’amico bosniaco e sua moglie ci vennero incontro con affetto abbracciando il mio anziano padre e mia madre. Poi, a braccetto, ripercorremmo le vie di Pola. Lungo la strada di ritorno, ad un certo punto, mio padre mi chiese di fermarmi e scese dalla macchina. Lo seguii. “Facciamo due passi” – mi disse, e poi cominciò – “tu oggi mi hai fatto un grande regalo, tanti anni di odio e di rancori, mi rendo conto, oggi non hanno più senso. Avrei dovuto fare questo viaggio tanto tempo fa. Grazie, ora posso anche morire, in pace”. Questo il racconto.
Silvio Mazzaroli, il generale, il sindaco, era venuto al CDM per un’intervista sul nuovo corso dell'”Arena di Pola” che dopo più di un anno di “vita” milanese, alla guida di Piero Tarticchio, arriva ora a Trieste dopo che la redazione era stata per tanti anni della sua cinquanteneria storia a Gorizia. Piero, artista e scrittore, gallesanese, continuerà ad occuparsi di alcune pagine ma intende dedicarsi soprattutto alla promozione dei suoi libri, in particolare del romanzo “Nascinguerra” e delle mostre.”Voglio un passaggio morbido – afferma Mazzaroli – e desidero aprire il giornale al dialogo, al confronto, ai giovani. Dobbiamo recuperare nuove fasce di lettori in un connubio tra tradizione e futuro: un giornale in forma cartacea ma anche una versione via internet aperta allo scambio, una specie di giovane chiama giovane”.Il giornale sarà curato da Fabio Biloslavo, giornalista, inviato speciale dalle zone di guerra di tutto il mondo, e dai suoi collaboratori che lo sostituiranno durante le assenze.”Sto vivendo un momento speciale – afferma Mazzaroli, presidente del Libero Comune di Pola in Esilio – sto scoprendo un’altra realtà: da una parte quella dell’associazionismo con tutti i suoi risvolti interessanti ed impegnativi, con tante tematiche da affrontare e, dall’altra, quella dell’Istria, di una terra da conoscere a fondo, e della sua gente”. Nella ricorrenza della Giornata del defunti Mazzaroli ha voluto organizzare a Pola una manifestazione corale con gli italiani rimasti.”I contatti con la Comunità degli Italiani sono molto importanti per mantenere intatta l’italianità dell’Istria. Durante la mia permanenza a Pola ho voluto incontrare il sindaco della città ed i massimi rappresentanti delle istituzioni italiane, mi sono accorto però che quest’ultimi non dialogano tra di loro. Credo che una comunità, già tanto osteggiata, se si spacca al suo interno, ha solo da rimetterci. E’ un gran peccato, un segno di debolezza che si riflette sulla situazione generale e che complica le relazioni tra esodati e rimasti a livello istituzionale”.Ha intenzione di proporre iniziative comuni?”In questo momento siamo impegnati a seguire da vicino i grandi temi che riguardano la realtà del popolo degli esuli: case, beni abbandonati, il futuro della nostra cultura ma stiamo pensando anche ad una serata con la partecipazione dei cori, per avviare un dialogo. Personalmente, ho una gran voglia di incontrare la gente, in modo spontaneo, senza nulla di organizzato, per riuscire a scoprire l’altra parte della mia storia, quella che per troppo tempo mi è stata negata dalla vita”.