Quando mi sono sposata, la zia di mio papà a Trieste, mi ha comprato le scarpe e me le ha mandate, per posta, con un pacco. Le scarpe sono arrivate a mezzogiorno, il giorno stesso che mi dovevo sposare. Bisognava andarle a prendere e pagare la dogana e mi sposavo alle cinque del pomeriggio. Mio fratello ha preso la bicicletta per correre a prenderlo, ma erano già andati via, era chiuso. È tornato a casa… con un caldo! Era il 18 di agosto, dieci anni esatti dopo Vergarolla, perché Vergarolla era il 18 agosto del ’46, io mi sono sposata nel ’56, con un caldo che non le dico! Non c’erano macchine, non c’erano corriere, non c’era niente. Allora siamo andati a piedi in posta centrale a prendermi le scarpe prima di andare in chiesa. Erano belle! Belle come quelle che certe volte si vedevano su Grand Hotel che qualcuno portava qua e noi ghe lassavimo i oci. […] Io ero incantata! Erano morbide, di bella fattura… ma belle belle, forse non tanto belle come mi sembrerebbe adesso, ma quella volta! Se non mi andavano bene mi tagliavo le dita! [Ridiamo]

[Da G. Nemec, Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, Unione Italiana Fiume – Università Popolare Trieste – Università degli studi  Trieste, Centro di ricerche storiche Rovigno, ETNIA vol. XIV, 2012.]