Liliana Radovini: “Anche i due figli li hanno portati via, mai più visti, in foiba…”
Foibe
[Il fratello] con poco tempo di differenza, era tornato a casa dalla guerra e non ha trovato il papà. Pensando di cercarlo è andato in giro per l’Istria e si è messo con i partigiani, pensando di portare a casa suo papà, credeva forse di trovarlo in qualche prigione, ma così non è stato. Così è stato ucciso anche lui… hanno portato anche i suoi resti. Perché qualcuno è andato a cercarlo finita la battaglia, l’ha riconosciuto e seppellito qua in cimitero […]
Gloria Nemec: La famiglia faceva delle ricerche sugli scomparsi…
Liliana Radovini: Mia cugina, quella più anziana, è andata a cercare il papà, anche a vedere quando li tiravano fuori dalla foiba… però non ha trovato niente per dire: questo è lui, per riconoscerlo. […] Ma quello che lei ha visto… non è possibile neanche che io le racconti… Lei andava in giro dove c’erano ritrovamenti, per le foibe, per portare a casa le ossa di suo papà. Lei aveva la forza di farlo e sperava.
Gloria Nemec: La mamma è rimasta qua?
Liliana Radovini: Vestita di nero, a piangere tutta la vita. Io le dico che la mia infanzia l’ho trascorsa tra queste zie e la nonna, sempre vestite di nero, sempre a piangere i loro morti, poi mia nonna impazziva, sempre con il libro e il rosario in mano… lei non si rassegnava di averli persi… perché anche erano buone persone…. mia zia poi era una persona fragile, sempre le prendeva male e cascava per terra, dal dolore. Lei viveva ma già morta, anche se non aveva… neanche 50 anni forse. Le prendeva sempre male, aveva sempre l’affanno, era sempre con le sue bottigliette che odorava, quasi sempre chiusa in camera. Poi è vissuta tanto, è andata a Isola con la figlia, ma non ha mai smesso di piangere. Mia nonna diceva che di notte i morti venivano a chiamarla e allora lei piangeva e diceva: ‘Anima terrena, dimmi la tua pena, se posso ti aiuterò’. La sentivo che diceva così.