Una parte degli scomparsi venne gettata nelle foibe, sovente senza nemmeno un procedimento sommario; molti invece morirono nelle carceri e nei campi di deportazione jugoslavi in Croazia e in Slovenia. Spesso, invece, con il termine foibe si è inteso comprendere tutti gli scomparsi italiani di quel periodo, anche quelli la cui sparizione è avvenuta per cause diverse (dispersi, deportati nei campi di concentramento tedeschi, morti durante gli scontri tra fascisti e partigiani). Di conseguenza, se per il 1943 il computo delle vittime va dalle 500 alle 700 unità, per il 1945 invece, a seconda delle interpretazioni, le cifre variano dalle poche migliaia (4.000-5.000) a oltre una decina di migliaia (10.000-12.000). Tristemente note rimangono le foibe di Vines, vicino ad Albona, e quella di Basovizza, nelle vicinanze di Trieste, divenuta monumento nazionale italiano.
Nel linguaggio storico le foibe stanno ad indicare quel complesso fenomeno di violenza politica che si manifestò in Istria nel settembre – ottobre 1943 (dopo il crollo del fascismo e la capitolazione dell’esercito italiano) e più in generale nella Venezia Giulia nella primavera del 1945 allorché migliaia di militari e civili, in larga prevalenza italiani, scomparvero e furono uccisi dall’esercito di liberazione jugoslavo.