Per quanto concerne la partenza anticipata dei profughi fiumani (prima cioè delle opzioni) di notevole interesse risultano le indagini svolte dal Centro di ricerche storiche di Rovigno presso l’Archivio storico di Fiume, che hanno consentito di reperire una gran quantità di nuovi documenti. Dal 12 marzo 1946 al 16 settembre 1947 lasciarono Fiume 7.035 persone sopra i 14 anni di età, mentre altri 10.704 presentarono la domanda di espatrio. Dal 15 settembre al 1 dicembre 1947, inoltre, altre 1.774 persone adulte presentarono la richiesta di abbandonare la città.
A tutto il 1947, quindi, erano già partite da Fiume oltre 23.000 persone, lasciando un grande vuoto nel tessuto sociale, civile ed economico della città. A quell’epoca tra Fiume, Zara e l’Istria l’esodo aveva già coinvolto attorno alle 100.000 persone, 40-50.000 delle quali dall’Istria.
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Pola venne invece abbandonata dal 90% della sua popolazione tra la fine del dicembre 1946 e il settembre 1947, quando fu evidente che anche questa città sarebbe passata alla Jugoslavia; e ciò avvenne sotto l’attenzione degli osservatori internazionali, diventando per le comunità degli esuli il simbolo del “martirio” degli Italiani dell’Istria.
Le partenze della popolazione dalle altre cittadine e paesi dell’Istria centrale e meridionale, (Rovigno, Parenzo, Dignano, Valle, Gallesano, Pisino, Albona, Abbazia, Cherso e Lussino…) passati anch’essi sotto la Jugoslavia, furono dilazionate e rallentate nel tempo in seguito a misure repressive da parte delle autorità, tendenti a bloccare l’esodo, ma non si arrestarono; anzi assunsero via via proporzioni sempre più massicce.
La “Zona B”, amministrata dagli jugoslavi in vista dell’attuazione del Territorio Libero di Trieste, visse invece un dramma molto più lungo. Fino agli inizi degli anni Cinquanta, le partenze degli Italiani e l’immigrazione di elementi slavi non avevano ancora stravolto la fisionomia etnica della zona: le partenze si registravano soprattutto nei momenti di maggior tensione, come a seguito delle violenze verificatesi durante le elezioni amministrative del 1950 e delle successive misure adottate per recidere i legami fra la popolazione e Trieste, punto di riferimento naturale per tutta la zona.
La situazione precipitò invece nell’autunno del 1953, quando gli anglo-americani annunciarono la loro intenzione di ritirarsi dalla “Zona A”. Di conseguenza, nella “Zona B” si verificarono episodi di violenza, espulsioni e tutta una serie di pressioni combinate, esplicitamente rivolte a sollecitare l’allontanamento degli italiani, che, dopo il Memorandum di Londra dell’ottobre 1954, di fatto spinsero ulteriormente all’esodo la comunità italiana.
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Il fenomeno dell’esodo continuò in varie ondate, anche negli anni successivi, (dopo il Memorandum di Londra del 1954 e, in misura minore e strisciante, sino quasi ai giorni nostri) assumendo dimensioni tali da snaturare e sconvolgere completamente l’identità culturale e gli equilibri etnici e sociali dell’intera regione.